In tutti questi mesi è stato sottoposto ad un regime duro di prigionia, ha potuto incontrare la moglie solo una volta, a novembre e per due ore, e per i primi sei mesi è stato sostanzialmente tenuto in uno stato di “incomunicabilità”, anche con il suo avvocato di fiducia. La data del processo viene di volta in volta rinviata, come nel caso Patrick Zaki. Ma a differenza dello studente egiziano, Gonzalez sconta una pena accessoria: il silenzio doloso dei media europei.

Per Madrid regolare il carcere preventivo per il giornalista

Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares non intravede alcun problema, è tutto normale. In un’intervista rilasciata venerdì a Sesta, la testata spagnola con cui collaborava Gonzalez, Albares afferma che il processo è “entro i termini di legge”.

Assicura di aver verificato fin dal primo momento il rispetto dei diritti fondamentali, tra cui la presunzione di innocenza, ma “le accuse a suo carico sono gravissime e l’inchiesta è ancora in corso”.

Per il governo del socialista Pablo Sanchez il caso è assolutamente compatibile con uno Stato di diritto. Nella carcerazione preventiva e prolungata di un giornalista mentre svolge il suo lavoro non ravvisa nulla di irregolare.

I diritti violati nel giardino d’Europa

Per Ohiana Goiriena, moglie del giornalista, da noi contattata telefonicamente, i diritti fondamentali del marito sono stati rispettati solo ufficialmente. Nei fatti Gonzales è da quasi un anno in carcere senza processo, in regime di isolamento. Può uscire dalla cella solo un’ora al giorno, ammanettato. In questi mesi non gli è neanche stato concesso di parlare con i suoi tre figli. Solo a novembre ha potuto avere un incontro in carcere di due ore con la moglie. Fino ad allora era riuscito ad inviarle appena cinque lettere.

La corrispondenza cartacea è l’unica forma consentita di comunicazione con la famiglia, severamente sotto controllo. Goiriena racconta che le buste arrivano aperte e con il sigillo rosso della censura. In genere portano due mesi di ritardo, sia in invio che in arrivo.

Gli è preclusa anche la comunicazione con il suo avvocato di fiducia, Gonzalo Boyé. Solo dopo un mese dall’arresto è riuscito ad avere stabilmente un avvocato d’ufficio. La detenzione cautelare del giornalista è alla terza proroga e al momento la data del processo non è neanche all’orizzonte. E’ questo il giardino europeo di cui parla Borrell?

No, i suoi diritti basilari non si stanno rispettando – spiega Goiriena – Noi dal 1 marzo chiediamo quattro cose: il diritto alle visite, il diritto alle comunicazioni telefoniche, il diritto ad avere un avvocato di fiducia, una data del processo. Ha diritto ad avere un processo giusto”.

La denuncia: condizioni carcerarie disumane e umilianti

L’intervento di Albares arriva poco dopo il reclamo di Gonzales, che alla vigilia del suo 11 mese in prigione preventiva ha presentato all’Ombudsman polacco una denuncia per condizioni disumane di carcerazione. A causa del suo status di detenuto pericoloso, Gonzales scrive di essere scarsamente alimentato, di stare in una cella umida e malsana, di essere trattato con procedure umilianti. Sarebbe infatti ammanettato ogni volta che esce dalla cella, che è sorvegliata 24 ore su 24.

“L’impossibilità di aprire la finestra provoca l’accumulo di umidità e, di conseguenza, la formazione di muffe sui muri. Sono rinchiuso in una cella senza ventilazione. D’estate la plastica attaccata al vetro e la mancanza di ventilazione provocano un effetto sauna”, spiega.

Le ragioni politiche della persecuzione

Goiriana non esclude che tra le motivazioni dell’arresto ci sia anche quella politica. Gonzalez collabora con testate ascrivibili alla sinistra extraparlamentare spagnola. E’ accusato di essere una spia russa per aver documentato la guerra nelle Repubbliche popolari del Donbass prima del 24 febbraio 2022. Per questo è stato segnalato dai servizi ucraini alle autorità polacche. Il pretesto per arrestarlo ed assegnarli lo stato di massima pericolosità è stato il doppio passaporto russo-spagnolo.

Il giornalista basco è un discendente dei cosiddetti “figli della guerra”, i figli dei repubblicani spagnoli inviati durante la guerra in Unione Sovietica. Ed è lì che è nato nel 1982 come Pavel Rubtsov. Dopo il divorzio dei genitori si è trasferito in Spagna, dove ha assunto il cognome della madre, spagnolizzando il suo nome in Pablo Gonzalez. Proprio questo gli è valso l’accusa gravissima di spionaggio che giustificherebbe il carcere duro, secondo il ministro degli Esteri spagnolo.

Politica è anche la ragione dell’atteggiamento accomodante di Albares, secondo Goiriana.

Nessun governo europeo in questo momento – spiega- vuole fare pressioni sulla Polonia, per via del suo ruolo chiave nel conflitto, sia per le forniture di armi che per l’accoglienza ai profughi. E’ inattaccabile”.

Il caso di Pablo Gonzalez ha mobilitato organizzazioni come Reporter senza Frontiere e Amnesty, ma ha avuto poco clamore mediatico fuori dalla Spagna. Eppure getta un’inquietante ombra sullo stato della democrazia europea, sulla libertà di espressione e di stampa, sulla tutela dei nostri diritti come cittadine e cittadini dell’UE: la Polonia che arresta per spionaggio un giornalista privandolo dei propri diritti fondamentali non è poi così diversa dall’Egitto che arresta Patrick Zaki.