- Ketty Giannilivigni -
una legge sui beni comuni
per tutelare e conservare
il patrimonio ambientale e culturale
Un modo virtuoso dell’autonomia speciale per esercitare
l’esclusività statutaria di competenza”
Giovedì scorso 11 giugno presso i Cantieri Culturali di Palermo, nella sede del Circolo “Tavola Tonda” dell’ARCI, si è svolta l’Assemblea pubblica (anche in collegamento online) indetta da quasi tutto l’associazionismo ambientalista e culturale che opera in Sicilia per la salvaguardia del patrimonio paesaggistico storico e naturalistico regionale: Forum siciliano dei movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni, Legambiente Sicilia, Zero Waste Sicilia, WWF Sicilia, Italia Nostra Sicilia, Comitato Rodotà Beni Pubblici e Comuni Sicilia, Centro Consumatori Italia, promotori dell’iniziativa che hanno ritenuto di dover far “Fronte unico per dire ‘NO’ al disegno di legge-Sammartino in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio”.
Nel
corso dei lavori assembleari veniva data notizia che il “TITOLO VI” dell’articolato del disegno di legge, la
parte su cui le associazione avevano puntato il dito, era stato cassato e ritirato grazie all’opposizione
dei 5S e del deputato eletto nella Lista “CentoPassi”. Si trattava, appunto,
delle contestate “Norme sulla pianificazione paesaggistica” che avrebbero sottratto
alle Soprintendenze le competenze per l’attuazione
del piano paesaggistico regionale. Tuttavia, per quando sembrasse scongiurato
il pericolo di consegnare una materia così delicata ai Comuni dell’Isola, la
discussione si è concentrata su questo punto e il dibattito si è sviluppato soprattutto
attorno al tema della tutela paesaggistica. Infatti, diversi interventi hanno
messo a fuoco la necessità di proseguire il monitoraggio per la tutela del
paesaggio siciliano, sottraendolo alle eventuali aggressioni. Probabilmente la poca
affidabilità dell’intero ceto politico – e non solo regionale – ha fatto
maturare in tutti la convinzione che
l’idea di metter mano e proseguire a devastare il paesaggio siciliano è un
obiettivo che continua a covare sotto le ceneri ben oltre il ritiro del “TITOLO
VI”. A tal proposito è stata ricordata,
nel corso del confronto, la sollecitazione del sindaco fiorentino che
invoca, anche lui come il firmatario del
disegno di legge nostrano (da notare la stessa collocazione renziana),
l’affidamento gestionale alle amministrazioni comunali, una sorta di
“liberalizzazione del paesaggio” dal
peso burocratico delle strutture statali (le Soprintendenze), con l’idea di
superare la visione conservativa e contemplativa del paesaggio, già fortemente
compromessa dall’azione di tutti i governi succedutesi in questi decenni, a cui
ha assestato un colpo durissimo Franceschini, il mentore della valorizzazione
come priorità assoluta, tant’è che tornato a ricoprire l’incarico di ministro
dei Beni Culturali ha significativamente ripristinato la “T”, quella del “Turismo”,
nell’acronimo MIBACT , per sottolineare che il suo è il principale dicastero
economico del paese.
Relativamente
ai beni culturali, disciplinati nella prima parte del ddl, va dato merito alla presidenza
dell’assemblea di aver messo in luce la volontà riformatrice sottesa nel
disegno di legge che coinvolgerebbe tutto il patrimonio culturale ed ambientale
costituzionalmente tutelato, apportando modifiche peggiorative rispetto al Codice
sul Paesaggio e Beni culturali, in atto vigente anche in Sicilia. Nella
fattispecie è stato sottolineato come questo impianto sia animato da una
tendenza dominante, volta – da un lato – alla deregulation dell’azione pubblica
(“il silenzio assenso”) e – dall’altro –
alla messa in valore del patrimonio culturale e paesaggistico con una gestione
sempre più improntata all’applicazione di regole di natura mercatistica, coerentemente
ai principi del pensiero neoliberista che si impone privilegiando l’interesse privatistico-imprenditoriale
rispetto a quello comune-pubblicistico.
Su
questa inversione giuridica della prevalenza del Privato sul Pubblico, il
portavoce del Comitato Rodotà siciliano ha
voluto mettere in evidenza come l’uso privatistico dei beni culturali in Italia
ha trovato riscontro nelle politiche attuate da tutti i governi sia di
centrodestra che di centrosinistra, fino a toccare l’apice con l’attuale ministro
Franceschini (dai governi “Renzi-Gentiloni”
a quello in carica, sempre con la medesima delega), espressione di una sinistra
che ammicca l’occhio alle imprese della cultura. Proprio per gli evidenti
presupposti di privatizzazione dei beni culturali e del paesaggio, il Comitato
Rodotà ritiene che il ddl debba essere ritirato tout court, in quanto semplicemente inemendabile, mentre dichiara
che non solo l’imprenditoria privata ma anche la pubblica amministrazione non
offra ai cittadini le dovute garanzie di tutela e salvaguardia del patrimonio né
tantomeno la sbandierata democratizzazione
della fruizione. Il Comitato Rodotà, nel rilevare che “beni culturali e
paesaggistici attengono a un'unica materia che confluisce nei beni comuni”, ha
voluto distinguere l’attivismo sociale veramente NO PROFIT che, in base al
principio costituzionale di sussidiarietà, s’impegna a contribuire al godimento
del patrimonio comune, dal sistema imprenditoriale che si avvantaggia di beni,
la cui gestione snatura la finalità formativa ed emancipativa della
cittadinanza, diritto di cui vantano costituzionalmente ed universalmente donne
e uomini senza alcuna discriminazione di razza o religione”. L’unica via
d’uscita, secondo il Comitato Rodotà isolano, è quella di affrontare il
discorso da una prospettiva più alta, proponendo “una legge di iniziativa
popolare che recepisca anche in Sicilia il disegno elaborato dalla
Commissione ministeriale sui beni comuni, presieduta da Stefano Rodotà”, in analogia
alla campagna promossa a livello nazionale, conclusasi con la presentazione del
disegno di legge alla Camera, “profittando, così, in modo virtuoso dell’autonomia
siciliana che grazie alla ‘specialità statutaria’ può esercitare l’esclusività legislativa di competenza”.
La
proposta lanciata dal Comitato sui beni comuni è stata presa in considerazione
con interesse dall’assemblea e sembrerebbe che sul tema vi sia la volontà
generale di approfondirne la praticabilità, anche come momento di
alfabetizzazione e sensibilizzazione sociale contro il ddl in discussione.
Ps. Accogliendo lo
spirito assembleare di democrazia partecipata dal basso e in considerazione dei
numerosi interventi di molte personalità più o meno note abbiamo ritenuto non
citare espressamente alcun nominativo degli oratori
fonte:Pressenza.com