-OSSERVATORIOTUTELACOMUNE
AMBIENTEPAESAGGIOBENICULTURALI-
Comincia a essere qualcosa in più di un
dubbio: quasi trent’anni, il patrimonio culturale italiano
in un prodotto da vendere a buon mercato, puntando ossessivamente ai numeri di
biglietti staccati e turisti stranieri, si sta rivelando un fallimento
< il
fallimento di questa visione neoliberista era già evidente prima del coronavirus
La differenza è che il lockdown del nostro Paese sta impietosamente
dimostrando, numeri alla mano, che quel progetto era fragile, ambiguo e si poggiava su una logica di svendita
permanente dei nostri musei e siti archeologici, sulla retorica da imbonitori della grande bellezza tanto al chilo e su soggetti
privati privi di scrupoli che hanno portato alla distruzione dei centri storici
nelle nostre città d’arte
Tutto questo va cambiato e pensato sin da ora,
se non vogliamo arrenderci alla irrecuperabile
perdita del nostro immenso patrimonio >
di Massimiliano Virgilio
Mettiamo per un attimo da parte ciò che ogni tanto, sommessamente, provano
a ricordare coloro che hanno in mente il maltrattato articolo 9 della
Costituzione italiana. Sono anni ormai che contiamo le battaglie perse sul
fronte dei valori. Proviamo, dunque, a parlare la stessa lingua dei piazzisti
che in questi anni hanno speculato sul nostro patrimonio culturale, predatori che oggi osservano il disastro
da loro stessi creato, accusando il virus e chiedendo aiuti statali.
A tutti costoro va detto con chiarezza che il crollo del settore turistico
nel nostro Paese, conseguente all’emergenza generata dal diffondersi del
Covid-19, con le immagini di città come Firenze e Venezia al collasso, perché
da troppo tempo trasformate in parco giochi per turisti e non per cittadini, ci
racconta quanto sia stato
un errore madornale immaginare che la cultura fosse un prosciutto da vendere al
mercato della bellezza, mentre erano (sono) i
cittadini, soprattutto i più giovani, ad esserne i veri destinatari. Aver perso di vista l’idea di una cultura
votata alla formazione del cittadino e non alla massimizzazione di un profitto, oggi ci porta a discutere di un disastro che altrimenti non avremmo avuto
o avremmo avuto in misura diversa.
Le città
d’arte trasformate in parco giochi, dicevamo,
così come il non aver regolamentato con serietà il fenomeno dei b&b selvaggi, della ristorazione e di tutto il resto dei servizi connessi al turismo,
per tacer del ruolo quantomeno opaco svolto in questi anni all’interno delle
nostre istituzioni dai privati, la costante esternalizzazione del personale che ha
consentito
sfruttamento e precarietà d’ogni genere, l’aver del
tutto travisato
il ruolo scientifico delle mostre d’arte
per trasformarle in grandi circhi di attrazione turistica, sono tutte questioni
che meritano un’ampia analisi e da cui bisognerà ripartire per riprogettare la visione
del nostro patrimonio culturale in
un’epoca che si annuncia come l’implosione della globalizzazione finora
conosciuta.
Ieri, su Fanpage.it, il direttore della Pinacoteca di Brera di Milano, James
Bradburne, sosteneva che non sarà un male dover tornare ad occuparci di più delle collezioni permanenti dei musei in futuro. Altrove, lo storico dell’arte Tomaso
Montanari ha
elaborato un decalogo di proposte su come
ripensare il comparto culturale. Siccome siamo il Paese al mondo con il maggior
numero di beni tutelati dall’Unesco, e prevedibilmente lo saremo ancora per un
po’, proviamo a immaginare
la ricchezza che dal nostro patrimonio potrà derivarne in termini diversi da come abbiamo fatto finora.
Massimiliano Virgilio“La cultura non è in crisi per il
coronavirus, ma per chi l’ha svenduta a turismo e privati ” - pubblicato in “Fanpage.it”, 22 aprile 2020