sabato 28 dicembre 2019

L’AFFAIRE-CASA DEL POPOLO TRA BENI COMUNI E POLITICHE SECURITARIE

-Toni Casano-

dare voce e sostanza ad un esercizio diversamente partecipato del diritto alla città, mediante il riconoscimento giuridico di nuove forme di autonomia civica dal basso

 #LaSolidarietàFa22! 

 la solidarietà è 

 un ingranaggio collettivo 

Lo scorso fine settimana, ospite nella sala coworking dello spazio polivalente Moltivolti, si è riunito il Coordinamento operativo concordato a chiusura dei lavori dell’Assemblea dei movimenti cittadini del 4 dicembre, al fine di programmare le proposte emerse da quel dibattito. Già la prossima domenica 22\12, al Cinema “De Seta” (presso i Cantieri culturali della Zisa), è stata convocata la prima iniziativa dal titolo: #LaSolidarietàFa22! Un incontro pubblico con la città, al quale sono stati invitati i suoi amministratori e le forze politiche democratiche che siedono in Consiglio comunale.
Perché giorno 22, una data così ravvicinata? Gli organizzatori hanno voluto simbolicamente richiamare il “numero 22” come scelta non casuale e non certamente per ragioni cabalistiche. Esso è parte fondamentale dell’oggetto del fascicolo giudiziario, relativo alla “vicenda-Casa del Popolo” che va dallo sgombero dell’edificio di via Cavour 6/A, al procedimento di rilevanza penale, nel quale sono sub iudice – per l’appunto – ben 22 persone, tutte quante conosciute in città per il loro impegno civile e mutualistico profuso in vari settori della vita sociale palermitana.
L’eco di questo affaire sta assumendo una dimensione nazionale, nella quale si registra una crescente manifestazione di solidarietà in favore dei suddetti “22”. Infatti, oltre alle molte altre realtà territoriali più o meno strutturate della società civile del Paese, a sostegno dei “22” si sono  schierati anche insigni giuristi come – per citarne alcuni – Ugo Mattei (co-fondatore in Italia della dottrina sui Beni Comuni, assieme al grande Stefano Rodotà) e Giuseppe Di Lello (giudice emerito, già deputato e parlamentare europeo), i quali hanno lamentato la palese incostituzionalità dei c.d. Decreti-sicurezza “che criminalizzano – dice Di Lello, in relazione alle attività sociali documentate di questa estate –  anche queste forme di cittadinanza attiva”. Una considerazione che si aggiunge alle dichiarazioni rilasciate da Mattei che – nel portare la sua piena solidarietà agli attivisti – ha voluto precisare che “lo sgombero della Casa del Popolo di Palermo e, soprattutto, l’utilizzo dell’ignobile ed incostituzionale decreto Salvini, per colpire con azioni penali i compagni che si impegnano nella difesa e cura dei beni comuni, sono episodi molto gravi».
Inoltre, al fronte di solidarietà s’è unita anche la Chiesa palermitana, schieratasi proprio in queste ore affianco ai “22”: due fra i suoi più autorevoli rappresentati, Cosimo Scordato e Franco Romano, hanno riconosciuto l’azione valoriale condotta dalla Casa del Popolo di via Cavour, offrendo – come osservano i sacerdoti Scordato e Romano – “una molteplicità di servizi orientati al bene comune (sostegno alle persone disagiate, a senza casa, a senza lavoro, a vittime di tratta, a bambini bisognosi di doposcuola…)”.  Gli stimatissimi religiosi si sono altresì rammaricati per la “mancanza di un’intesa nell’interlocuzione tra le parti” che ha favorito il sopravvento della linea securitaria “in base alla nuova normativa”.
Questo incontro di domenica vede coinvolta tutta la cittadinanza attiva di Palermo. Un’iniziativa rielaborata fattivamente, emersa fra le tante proposte avanzate nel corso dell’assemblea dei movimenti di inizio dicembre. Nasce da un appello lanciato da uno degli interventi condiviso unanimemente, partendo dalla constatazione che “le varie questioni che affliggono la società – povertà, diritti civili ed ogni altra condizione di emarginazione e discriminazione sociale, razziale e sessista – sono intrecciate fra loro, e che pertanto vanno impattate nella loro globalità”. L’obiettivo di fondo che si vuole raggiungere non è soltanto il superamento della scissione tematica nell’approccio politico, ma – come dice uno dei promotori, nell’esprimere il proprio pensiero – “dovrebbe essere anche quello di riuscire a dare voce e sostanza ad un esercizio diversamente partecipato del diritto alla città, mediante il riconoscimento giuridico di nuove forme di autonomia civica dal basso”. Insomma, da quel che si percepisce dalle discussioni, c’è in campo l’ipotesi di una sorta di costituente sociale cittadina, dentro cui possa convivere la pluralità dei soggetti, accumunati nella resistenza attiva ai fattori di esclusione e repressione imposti da una crisi secolare stagnante, con effetti sociali devastanti nelle aree del bacino mediterraneo, dove convergono tutti gli esclusi del “Continente Antico”.
Due saranno gli assi su cui si svilupperà la discussione che vedrà impegnati i movimenti palermitani. I lavori saranno quindi strutturati in workshop tematici: uno sui beni comuni, l’altro sui decreti sicurezza. Il primo sarà introdotto da un esponente del “Comitato Rodotà di Palermo”; il secondo sarà coordinato da un membro dell’associazione “Mediterraneo di Pace”. Al termine dei lavori è stato previsto un aperitivo di autofinanziamento per sovvenzionare le spese legali.
Ma veniamo al tema centrale, quello sui beni comuni, dove si è trovata una sostanziale condivisione, e su cui si pensa di rilanciare un movimento cittadino socialmente organizzato. La “difesa del patrimonio collettivo, la biorigenerazione e il riutilizzo degli spazi pubblici in usi civici” costituiscono una linea alternativa ai processi di privatizzazione, perseguite da decenni da tutte le compagini politiche che hanno governato il Paese in sintonia con lo spirito neoliberista incarnato da regolamenti e direttive UE. Il primo passaggio di questa linea alternativa è la ripresa della vertenza sociale con le istituzioni municipali (Amministrazione e Consiglio), riattivando i “tavoli partecipati” con quell’associazionismo mutualistico impegnato nella rimozione degli ostacoli alla piena socializzazione, per aprire il confronto sulla redazione di un Regolamento comunale sui Beni comune, così come s’è riuscito a deliberare –  attuando metodologie partecipative – in importanti città metropolitane come Bologna, Napoli e –   recentemente – Torino.
La dottrina giuridica sui beni comuni ha una portata dagli effetti dirompenti straordinari che rimette in discussione tutta la disciplina sui regimi proprietari. Quella “comune”, basata sul possesso collettivo e finalizzata esclusivamente al perseguimento generale di scopi sociali collettivi, si interpone tra le categorie della proprietà codificata in “pubblica” e “privata”. Tuttavia nel conflitto secolare fra le varie forme di proprietà quella “pubblica” e quella “privata” si sono trovate in una posizione cointeressenza a danno di quella “comune”, il cui affievolimento ha coinciso  con la derubricazione giuridica imposta dallo stato-moderno, sistema nel quale la proprietà comune (cioè di tutti) è stata ricacciata nell’alveo della penalizzazione giurisprudenziale.
Ora più che mai, con il supporto del vile apparato normativo securitario, i processi di privatizzazione della proprietà pubblica – soggetta come non mai a “lenzuolate” neoliberiste –  vanno perseguiti e con forza sostenuti, anche in contrasto con quelle moltitudine che – dall’ambiente al paesaggio, dalle grandi reti ai beni culturali – rivendicano il legittimo diritto comune di possesso di un patrimonio ereditato dalle generazioni passate, le quali hanno contribuito alla ricchezza materiale e spirituale della nostra società contemporanea.
Quello del possesso comune di un bene pubblico, utilizzabile allo scopo di realizzare un autonomo sviluppo e crescita – singolare e collettiva – condivisa da una comunità solidaristicamente aperta all’altro fuori da sé, in uno con la sottrazione degli spazi alla gentrification per ricondurli a luoghi liberi destinati alluso civico in forma pauperis, rappresenta la nuova sfida su cui il movimento palermitano sembra volersi misurare, per andare oltre le passioni tristi che attanagliano la vita di questa città.