IL ROMANZO DI BIANCA PITZORNO
Palermo, presso la Casa Mediterranea delle Donne, la Biblioteca dell'Udi-Pa ha presentato l’ultimo lavoro letterario dell’autrice sarda
UDI-Palermo ha organizzato un incontro
dedicato a Bianca Pitzorno, figura di intellettuale a tutto tondo: scrittrice
fra le più interessanti del panorama letterario, ma anche archeologa, autrice
di testi teatrali, sceneggiatrice cinematografica e televisiva, paroliera e
insegnante. L’occasione è data dalla recente pubblicazione dell’ultimo lavoro -
edito per i tipi di Bompiani- Il sogno della macchina da cucire (2018). Il
libro è stato presentato da Ketty Giannilivigni ed Emi Monteneri, con la
partecipazione di Ilaria Randazzo che ha letto alcuni brani del romanzo.
La tessitura narrativa del sogno che accompagna la\le
protagoniste della storia ruota attorno ad una macchina (quella da cucire) che in qualche modo segna il
processo di emancipazione della donna, dall’autonomia economica alla conquista
degli spazi sociali, contro i dispositivi della repressione del sistema di
potere maschilista che non tollerava –ora come allora- le figure di donna fuori
dal rapporto gerarchico delle mura domestiche, oppure oggettivate e sottomesse
dentro le “case chiuse”. Un passaggio questo ben sottolineato da Ketty Giannilivigni
(tra le relatrici dell’incontro promosso dalla Biblioteca delle Donne UDI-
Palermo), in una anticipazione da noi raccolta prima del suo intervento: “la nostra protagonista è stata risparmiata –dice la Giannilivigni- anche
per la sua capacità di gestire in proprio il lavoro di sarta, sulle orme della
nonna, e, in fondo alla storia, per la provvidenziale macchina da cucire,
regalo della signorina Ester, il cui possesso, ai sensi dell’articolo 60 del
Regolamento Cavour, ha sventato il piano malefico di quella strega di donna
Licinia – nonna di Guido, il suo innamorato – rigida
come una statua, magra, secca, vestita di nero che sembrava una di quelle Madonne dolorose della cattedrale che vengono
tirate fuori solo per il Venerdì Santo, con le sette spade nel cuore ma
addobbate con tutte le gioie offerte dai fedeli, che aveva sporto denunzia
contro la giovane sartina accusandola di prostituzione”
Bianca Pitzorno –dice ancora Ketty Giannilivigni- dedica il volume “alle sartine della sua vita
indicandole per nome, cognome e se il caso per soprannome, non manca di
ricordare le anonime sartine del Terzo Mondo, che oggi cuciono i nostri stracci
per pochi denari, con i pannoloni per non perder tempo, in condizioni
disumane”.
Insomma, il racconto è una vera e propria macchina del tempo… tanto denso di povertà quanto di speranza.
Insomma, il racconto è una vera e propria macchina del tempo… tanto denso di povertà quanto di speranza.