di Toni Casano

A dieci anni dalla Commissione-Rodotà, i cui risultati ancora riecheggiano oltre i confini nazionali, è sorto il «Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni, Sociali e Sovrani ‘Stefano Rodotà’» per portare avanti, con l’ambiziosa aspettativa di raccogliere 1 milione di sottoscrizioni, la proposta legislativa di iniziativa popolare che riprende integralmente quel “disegno di legge” , frutto dei lavori prodotti dalla Commissione presieduta dal grande giurista scomparso nel giugno 2017, alla quale fu conferito -dal Ministro pro tempore della Giustizia- l’incarico di apportare una specifica riforma del codice civile. Nella fattispecie si trattava di introdurre organicamente l’istituto dei Beni comuni nel quadro della codicistica dei Beni, con particolare incidenza sulla classificazione del Patrimonio pubblico, ancora declinato in beni demaniali o patrimoniali, a sua volta suddivisi in “ disponibili” o ”indisponibili”.
La
Commissione rodotiana , rendendosi conto della debolezza del regime legale di
tutela dei beni pubblici e della
necessità tassonomica di riformulare l’apparato categoriale degli stessi beni e
ritenendo, altresì, insufficiente la classificazione codificata, costruivano un
percorso politico-giuridico che è sostanziato nel disegno di legge che oggi si ripropone
nell’impianto inalterato, come primo passaggio urgente e inderogabile, mediante
l’iniziativa legislativa popolare, al fine di assicurare sotto regime giuridico
la titolarità comune di quei beni che per vocazione non possono essere
sottratti alla destinazione sociale, sia per le generazioni presenti che per
quelle a venire.
Cosi come ha avuto modo di sottolineare Alberto
Lucarelli nella giornata di studi dello scorso 30 novembre all’Accademia dei
Lincei, dedicata al tema “Quale futuro per i beni pubblici?”: «il gruppo-Rodotà
non nasceva sic et simpliciter dalla esigenza dottrinale, non
era soltanto un’équipe di ricercatori, era anche un “collettivo militante” che
faceva riferimento idealmente al movimento anticapitalista globale, come quello
di Seattle, in occasione della conferenza del World Trade
Organization-Wto, e quello di Davos, nel corso del Forum dell'economia
mondiale». In buona sostanza quella Commissione raccoglieva e faceva propria
quella ontologia sociale che si oppone al saccheggio neoliberista. È indubbio quindi che a questo versante sociale,
piuttosto che agli apparati politico-amministrativi o giuridico-accademici,
volge lo sguardo il «Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni, Sociali e
Sovrani ‘Stefano Rodotà’», rilanciando l’iniziativa sulla ripresa della
coscienza sociale nella difesa dei beni comuni e degli equilibri ecosistemici.
Nella sostanza non si tratta soltanto di supportare
una campagna di raccolta firme a sostegno della proposta di legge d’iniziativa
popolare. Non si vuole soltanto raggiungere l’obiettivo di far diventare legge
dello Stato la proposta originaria (consultabile
sul sito http://www.benicomunisovrani.it/index.htm#) elaborata dalla Commissione Rodotà. Ma si
vuole cogliere l’occasione per ripensare il modello di sviluppo la cui
sostenibilità è messa a dura prova dal sistema economico dominante, i cui
effetti devastanti sotto l’aspetto ecologico, culturale e sociale ricadono
pesantemente sulle spalle della società contemporanea e con ipoteca su quelle
future, a beneficio immediato ed esclusivo di quel 1% che già Occupy Wall
Street aveva ben compreso,
a partire dalla piazza paradigmatica del capitalismo finanziario
globalizzato.
Proprio perché l’azione per la tutela dei beni
comuni non si esaurisca una volta raggiunto -entro il 30 Luglio- l’obiettivo di
raccolta del milione di firme sopracitato, il Comitato-Rodotà ha allargato
l’orizzonte della prospettiva politica, come un primo sentiero rigenerativo di
una democrazia partecipativa fuori dagli
schemi tradizionali: da un’idea di Ugo Mattei è nata la proposta di unire alla
campagna legislativa popolare la sottoscrizione di quote azionarie diffuse per
la costituzione di una Società Cooperativa di Mutuo Soccorso ad Azionariato
Popolare Intergenerazionale per rendere “effettiva e continua la battaglia per
i beni comuni e i diritti fondamentali, determinando l’agenda futura, proprio
come fanno le grandi corporation, ma
producendo un forza uguale e contraria”: una corporation delfina contro le
multinazionali-squalo.
Senza alcuna pretesa di sintesi politica, questi
sono i temi su cui si aprirà la discussione palermitana, al fine di dare il contributo cittadino al successo dell’iniziativa popolare a sostegno del Disegno
di Legge che porta il nome di Stefano Rodotà.
PALERMO 28 FEBBRAIO 2019 (ore 16,30 - Sala “Piccolo Teatro Patafisico”, via La Loggia 5 -Pad. 33)