Convegno di Effimera
Effimera.org organizza per il 15 novembre 2025, al C.S. Cantiere a Milano, Viale Monterosa, 84, un convegno dal titolo: ANNI DI GUERRA: MENZOGNE, VERITÀ, SCINTILLE
L’incontro si terrà a partire dalle 10 sino alle 19. Pubblichiamo il documento di indizione che illustra i temi che proveremo a trattare e i nomi dei relatori e delle relatrici invitati/e a parlare. Ovviamente, l’appuntamento è aperto a tutte e tutti. Ci auguriamo che la partecipazione sia vasta e che il dibattito possa essere il più ampio possibile.
Seguiranno aggiornamenti e specifiche per gli orari e per le pause. Intanto, segnatevi l’appuntamento. Sarà possibile la partecipazione online.
La discussione proposta
La guerra è oggi diventata una condizione strutturale all’interno delle nostre vite, al punto che ci siamo abituati/e a conviverci, anche se in modo problematico e conflittuale, sia dal punto di vista psicologico che da quelle relazionale. La situazione emergenziale generata dalla sindemia Covid-19 ha prodotto una cesura nei comportamenti umani, favorendo la propagazione di forme di isolamento e di a-socialità già in atto. La diffusione della comunicazione virtuale, intermediata dalle piattaforme digitali, in apparente assenza di corpi, proposta e interpretata come stato d’eccezione, oggi si è tramutata nello strumento per imporre il bellicismo quotidiano del dispotismo contemporaneo.
Non ci riferiamo a un concetto di guerra nel senso tradizionale del termine, cioè una guerra combattuta da eserciti più o meno regolarmente schierati, ma piuttosto all’evoluzione che la pratica della guerra ha assunto fuori da un campo strettamente bellico verso una dimensione sempre più sociale e generale.
Oggi nel mondo ci sono 56 conflitti bellici (la cui maggior parte neppure conosciamo). Nella quasi totalità si tratta di guerre ibride, sporche, che trovano il proprio antesignano nella guerra Usa in Vietnam, dove le vittime sono prevalentemente civili, dove l’asimmetria di forze è del tutto sproporzionata, dove le regole e le convenzioni di guerra sono completamente ignorate. L’attuale conclamata crisi del diritto internazionale e la crisi della diplomazia internazionale con la delegittimazione delle istituzioni che dovrebbero garantirla (Onu e Corte Penale Internazionale, in primis) si accompagna alla trasformazione politica e tecnologica degli strumenti di guerra, da droni di ultima generazione, ai satelliti privatizzati in cielo, all’uso dell’informatica, allo sviluppo di tecniche sofisticate di sorveglianza e controllo sino al ricatto della sopravvivenza, tagliando perfino, dentro il conflitto, qualsiasi possibilità di ricorso al cibo e all’acqua. Queste tematiche saranno al centro della prima sessione che apre il convegno, con il titolo: Come la guerra ha piegato tecnica, diritto e comunicazione.
Il termine guerra è esteso anche ad ambiti non strettamente bellici o finalizzati a conquistare o controllare nuovi territori, soprattutto se sono ricchi di risorse minerarie strategiche. In questi tempi di guerra, non è esagerato parlare di guerra finanziaria, logistico-commerciale, guerra tecnologica e in particolare di guerra sociale.
Inoltre la guerra finanziaria, logistico-commerciale e tecnologica si declina nella definizione di un nuovo ordine geopolitico e geoeconomico. Viviamo in tempo di transizione, da un ordine mondiale unipolare, sotto l’egemonia Usa, verso un possibile ordine multipolare, tutto ancora da decostruire ma che vede l’emergere di quello che in maniera superficiale possiamo chiamare “global South”. Nell’ultimo quarto di secolo, i paesi Brics+ hanno ottenuto risultati nel campo della logistica e della tecnologia migliori di quanto abbiamo saputo fare i paesi occidentali racchiusi nella sigla G7. Quest’ultimi oggi, infatti, non sono più in grado di dettare l’agenda politico-economica a livello globale. Le tensioni tra Usa-Cina ne sono l’evidenza più macroscopica. L’amministrazione Trump, a differenza di quella di Biden, sembra averne preso atto e la reazione commerciale statunitense ha imposto l’attuazione di una politica protezionistica nel tentativo di salvare l’egemonia economica americana, i cui risultati sono ancora da valutare. Convivono, anche con alleanze contraddittorie, i nuovi nazionalismi, i segmenti sedimentati di globalizzazione, i tentativi di neo-imperialismo, i complotti per conquistare risorse energetiche. Fatto sta che le tensioni belliche, anche sul piano commerciale, hanno subito escalation non dissimili da quelle sul piano più strettamente militare. Questi aspetti saranno al centro della discussione della seconda sessione, dal titolo: Come la guerra ha modificato l’economia e la finanza.
Tuttavia, il tema forse più importante, eppure tra i meno discussi, è quello che potremmo definire della “guerra sociale”. La “guerra sociale”, non dichiarata ma agita dai poteri forti dell’economia e dell’autoritarismo statuale, ha lo scopo di cancellare, perfino negandolo, il “conflitto sociale”. A questo fine vengono utilizzati e dispiegati vari strumenti, dalla precarietà del lavoro, all’intermittenza di reddito, allo smantellamento dei servizi sociali, alla riproposizione dello stigma della povertà, all’aumento della discriminazione e della violenza di genere, all’espulsione e allo sfruttamento della forza migrante, appositamente tenuta in condizioni di illegalità. La legislazione vigente rende difficile o problematica l’emersione, omette le tutele in favore di chi lavora, consente con maggior facilità di espellere le donne dal mondo del lavoro, relega i più deboli nelle periferie o in abitazioni fatiscenti, favorisce di fatto lo sfruttamento intensivo della manodopera, lasciata in balia del ricatto. Tutto ciò ha impatti determinanti sulle condizioni di vita che influiscono sulle soggettività. Pensiamo sia necessaria una critica radicale di tale processo, capace di ridefinire l’umano e insieme il suo habitat. Le immagini della distruzione minuziosa di Gaza City ridotta a polveroso cumulo di macerie resteranno indelebili nella memoria. E da lì ci interrogano sulle molteplici e variegate forme di aggressione e sulla assenza di riparo: nella crisi delle forma-stato, dominata dall’economia, che “protezione” si può immaginare contro la pervasività della violenza del potere di pochi? A quale tipo di benessere possono aspirare la collettività, i “molti”, i “non aventi parte”, tanto più che vanno considerate le difficoltà – e le ambiguità – dell’autorganizzazione sociale non sempre capace di sviluppare una risposta adeguata alle sfide immense che nei vari territori vengono poste? Nel processo di finanziarizzazione cogliamo una sostanziale indifferenza per tutte le forme di tutela ambientale, fino al negazionismo espresso del disastro climatico, dell’inquinamento di aria e acqua, della distruzione del territorio. Tutto ciò che ostacola il profitto a breve termine viene rimosso, anche con la forza, con il sopruso, con la menzogna, con le armi. La “guerra sociale” si attua dunque anche attraverso lo scempio della gentrificazione e della speculazione immobiliare-finanziaria di molte realtà territoriali, creando nuove barriere sociali, ridefinendo ghetti urbani marginalizzati, favorendo il degrado ecologico e ambientale. Il titolo di questa terza sessione è: Come la guerra distrugge lo stato sociale ed estende lo sfruttamento del vivente.
Tre quadri per poterci interrogare e per poter discutere delle condizioni per le forme di resistenza alla guerra e per proporre istanze di liberazione e autodeterminazione. Le recenti e ingenti manifestazioni per la Palestina hanno evidenziato una pratica di solidarietà con le popolazioni martoriate dalla guerra, contro il genocidio della popolazione palestinese e contro l’arresto degli attivisti della Flotilla, partiti per rompere il blocco illegale dell’autocrate Netanyahu. Hanno anche messo in luce un’insofferenza sociale e la partecipazione di nuove composizioni, giovani e immigrati di II e III generazione. L’opzione dispotica che caratterizza oggi tutte le diverse forme-stato dentro le singole istituzioni nazionali (siano esse riconosciute o esistano di fatto) è incompatibile con le mediazioni, con le trattative. Ogni rivendicazione viene criminalizzata, anche la domanda di pace. Per il potere, infatti, anche il pacifismo non violento va collocato nel fronte ribelle, quale componente della rivoluzione, anzi del terrorismo.
È possibile, senza troppe pretese, interpretare la natura di tali manifestazioni e mobilitazioni, che, comunque sia, non smettono di esistere e di darci speranza?
Interventi
Breve introduzione del CS Cantiere
prima sessione – Come la guerra ha piegato tecnica, diritto e comunicazione
coordina Gabriele Battaglia
Rossana De Simone
Il nuovo paradigma della difesa: tra proiettili e byte la guerra come continuum tra fisico e digitale
Gianni Giovannelli
La guerra: levatrice della sovranità, cardine del nuovo ordine giuridico
Maurizio Guerri
Il genocidio e il riarmo come spettacolo
seconda sessione – Come la guerra ha modificato l’economia e la finanza
coordina Andrea Fumagalli
Sandro Mezzadra
Una congiuntura di guerra. Poli, blocchi, capitali
Raffaele Sciortino
Trump 2: c’è una logica nel caos?
terza sessione – Come la guerra distrugge lo stato sociale ed estende lo sfruttamento del vivente
coordina Cristina Morini
Elena – Cantiere di Milano
Bloccare tutto. Gaza è qui: la guerra contro la riproduzione della vita
Lucia Tozzi
La violenza proprietaria della rigenerazione urbana
Tiziana Villani
Come si produce un territorio attraverso la guerra
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