venerdì 1 dicembre 2023

SPACE INVADERS

 Soggetti di movimento 

 e luoghi comuni nello spazio urbano  - Anna Curcio -

sintesi conclusiva della straordinaria manifestazione di Cosenza di novembre 2002 dal saggio di Anna Curcio pubblicato originariamente nel volume collettivo "Spazi Comuni. Reinventare la città"
 


A Cosenza nel novembre 2002 si è chiaramente manifestata la contaminazione tra luoghi istituzionali e mobilitazione, fatto che evidenzia la capacità performativa dell’azione di movimento e la capacità dei soggetti a configurarsi come space invaders – invasori dello spazio – che irrompono in spazi originariamente non pensati per loro e li trasformano dall’interno. I molteplici soggetti, nel corso della mobilitazione, hanno infatti individuato, attraversato e praticato luoghi di incontro e discussione che, seppur temporaneamente, si sono strutturati incarnandosi nella dimensione simbolica dello spazio urbano. Tuttavia, ad alcuni anni di distanza dalle «calde» giornate del novembre 2002, la capacità performativa dell’azione collettiva di costituire e ricostituire luoghi non immediatamente pensati e praticati dai corpi di movimento sembra essersi dissolta. Il municipio è tornato ad essere il vuoto e disincarnato ambito del potere politico locale; il dipartimento di Sociologia dell’Unical ha ripreso le sue attività didattiche e di ricerca «prettamente accademiche». Il Cinema Italia, svuotato dei corpi e dei linguaggi che lo avevano attraversato, ritorna nella sua funzione specialistica di teatro, mentre piazza «11 settembre» riprende a svolgere il suo ruolo di ambito commerciale e luogo spoliticizzato d’incontro per i più giovani.

Della temporanea trasformazione degli spazi che la mobilitazione aveva praticato sembra alla fine essere rimasto ben poco, e mentre il movimento svuota gli spazi che aveva fin lì riconfigurato, le istituzioni ne riprendono possesso. Il ritorno alle funzioni tradizionali appare pressoché immediato. Probabilmente l’attraversamento e l’invasione di luoghi istituzionali, ma anche di ambiti socialmente consolidati all’interno dello spazio urbano da parte dei soggetti di movimento, ha provocato (come per altro testimoniano le preoccupate parole dell’assessore comunale che lamenta l’utilizzo delle risorse istituzionali per la mobilitazione) ciò che Nirmal Puwar ha descritto come uno stato di ontologica ansietà che disturba consuetudini consolidate e crea paura. Tale timore del sistema politico ha origine nella più generale natura dei movimenti, nell’autonomia e radicalità che li contraddistingue in quanto soggetti che non rispettano fino in fondo le norme e i valori stabiliti. Tuttavia, a Cosenza lo svuotamento dei luoghi comuni, il ritorno degli spazi alle funzioni tradizionali appare prodursi in una doppia direzione: insieme al timore per gli space invaders, pesa la particolare dinamica relazionale che, nelle giornate di mobilitazione, si è stabilita tra il movimento e le istituzioni. I soggetti di movimento tendono infatti a consegnare l’iniziativa politica della mobilitazione nelle mani delle figure istituzionali – in quanto rappresentanti della «comunità offesa» –, sottraendo così all’azione collettiva il portato di radicalità ed autonomia che la contraddistingue.

Sarebbe troppo lungo ed esulerebbe dal tema in oggetto dilungarsi in questa sede sul perché la risignificazione dei luoghi che la mobilitazione di Cosenza ha praticato non è riuscita a superare gli eventi delle giornate di mobilitazione, non radicandosi cioè nello spazio urbano della città; le motivazioni affondano nella storia recente della città, del suo sistema politico e del tessuto soggettivo e relazionale di movimento. Per quello che qui ci interessa può essere sufficiente sottolineare che i soggetti di movimento non sono riusciti a sedimentare la riarticolazione di rapporti e relazioni, la trasformazione di usi e funzioni dei luoghi che in quelle giornate avevano praticato. Dall’altra parte le istituzioni, intimorite dal portato di radicalità e autonomia dell’azione del movimento nel suo complesso (e non solo di quello cittadino) hanno messo presto da parte il terreno di sperimentazione innovativa. In mancanza di una reale ed autonoma pratica di partecipazione radicale, dunque, la costruzione di uno spazio pubblico alternativo all’esistente e i luoghi comuni di confronto e azione a cui quelle giornate avevano alluso sembrano esaurirsi con il consumarsi della mobilitazione.

leggi integralmente su.machina-deriveapprodi