-Nicoletta Dentico- «il dogma della “proprietà intellettuale” non si deve toccare»
… da un anno a questa parte, chi ha più
sentito parlare della proposta di liberare la
conoscenza scientifica e
renderla un bene comune cui sia possibile accedere derogando finalmente ai monopoli, per inventare tecnologie e produrre rimedi contro Covid-19? Parlarne era nuovamente un’impresa, man mano che le poche delegazioni ostili serravano la strada a ogni prospettiva di una mediazione di senso. È diventato difficile discuterne anche a livello politico, mentre la riaffermazione della proprietà intellettuale come condizione indispensabile per produrre innovazione si imponeva nuovamente con forza, e contro ogni evidenza scientifica ormai
Il dogma
non si doveva toccare. Non si potevano creare precedenti, anche se aprire le
maglie del sapere scientifico per qualche anno avrebbe fatto un gran bene alla
qualità della scienza e ai bisogni del mondo (anche nei paesi ricchi). E che
sia un dogma lo dimostra il funambolico attivismo della comunità internazionale
a trazione occidentale per cercare acrobatici accrocchi alternativi, con la
benedizione del G20, ed
evitare ogni moratoria del trattato TRIPS.
Eppure,
non ci stanchiamo mai di ripeterlo, stiamo parlando di una possibilità prevista
dal diritto internazionale e di una misura che gode del sostegno della
stragrande maggioranza dei membri dell’OMC e di circa 700 parlamentari europei.
Parlamenti nazionali si sono ripetutamente espressi a favore dei Waiver, come
ha fatto il Parlamento Europeo con due risoluzioni votate a maggioranza. Stiamo
parlando di una soluzione che gode del sostegno di diverse organizzazioni
internazionali, della comunità scientifica e medica, di premi Nobel
dell’economia come Joseph Stiglitz, di Papa Francesco, il quale è tornato più
volte sulla necessità della scienza come bene comune, e non privato.
Ad
essa si sono opposti cocciutamente la Commissione Europea, la Svizzera e la
Gran Bretagna. Gli Stati Uniti, dopo l’apertura del 5 maggio 2021 alla
possibilità di un waiver dei
brevetti solo per i vaccini, hanno fatto il pesce in barile mandando avanti i
più ostinati, oppure sono entrati nel vivo del negoziato per aggiungere
condizionalità geografiche, criteri di eligibilità fatti apposta per escludere
la Cina, e per assicurarsi che la mediazione discuta solo di vaccini,
escludendo ogni altro prodotto essenziale alla lotta contro Covid-19
(diagnostici, terapeutici, strumenti medicali come respiratori, ventilatori,
etc.). Un itinerario lunghissimo di fitte riunioni formali e informali a
Ginevra per prendere tempo, e per estenuare gli stessi proponenti del TRIPS Waiver. India
e Sudafrica sono stati coinvolti negli ultimi mesi in un controverso
compromesso a quattro (QUAD Compromise) con USA e UE, che costituisce per
l’appunto il minimo comune denominatore delle posizioni di USA e UE. Il compromesso, validato solo dalla
Commissione Europea, prevedeva nuovi obblighi che non sono presenti
nell’accordo TRIPS. Insomma, una bufala. E poi le consuete pratiche di Green Rooms, note
ai veterani del WTO. Si
tratta di incontri a invito e porte chiuse organizzati anche in questi giorni
alla 12ma Ministeriale per discutere del TRIPS Waiver – ma usate anche per gli
altri dossier in agenda alla 12ma Ministeriale: pesca, agricoltura e sicurezza
alimentare, riforma del WTO – ai
quali sono
stati esclusi la maggior parte degli altri governi, persino l’Indonesia
presidente del G20 (sul TRIPS Waiver).
L’economia
della conoscenza scientifica ed i meccanismi legalizzati di “appropriazione
della scienza” (come sostengono accreditati economisti) da parte di Big Pharma,
anche quando l’innovazione è generata con finanziamenti pubblici (come, ma non
solo, nel caso di Covid-19), definisce un crinale di guerra aperta tra il Nord
e il Sud del mondo. Nessuno si scandalizzi per il paragone con la guerra tra
Russia e Ucraina. Anche questa lo è. Miete
vittime come le guerre – oltre 15 milioni sono le persone che hanno perso la
vita per via di Covid19 secondo
una recente stima dell’OMS; 12
milioni le persone morte di HIV/AIDS solo tra gli anni ’90 e 2000 in Africa,
malgrado la disponibilità della terapia antiretrovirale, secondo l’attuale
direttore di CDC Africa, Dr Ahmed Ouma Ogwell.
Su
questo fronte, come sul recente conflitto europeo, il multilateralismo esce a
pezzi, in un dialogo tra sordi non più in grado di intercettare le istanze di
cambiamento e di trovare una mediazione conveniente alla sfida delle future
pandemie. Lo ha detto senza sconti il ministro del commercio indiano,
indugiando sulle pieghe della ipocrisia internazionale al WTO. Il consenso
forzato di questi giorni mette in serio pericolo la salute della democrazia
intergovernativa e la salute stessa dell’umanità. E marcia di pari passo con
gli sforzi della comunità internazionale di apparecchiare all’Oms gli scenari
del futuro pandemico: come se si trattasse di un ineludibile destino, e non di
un clamoroso fallimento della governance globale contaminata ovunque dagli
interessi di monopoli privati.
In
altri tempi, le delegazioni del Sud del mondo avrebbero abbandonato le stanze
del negoziato, come fecero a Seattle, per unirsi alla società civile. Non è
accaduto questa volta, forse per non imbarazzare la direttrice africana, forse
nella speranza di ottenere qualche margine di manovra a livello regionale o
nazionale. Forse
perché l’aria della globalizzazione oggi è molto più asfittica di quanto non
fosse nel 1999. Quello che resta, oggi, sono due anni di pandemia nel segno
dello scandaloso di asservimento all’industria farmaceutica. Ancora più forte, dopo
Covid-19.
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