-Toni Casano-
la piattaforma politica sui beni comuni
Bisogna immaginare un
modello di società diverso da quello pre-pandemico, a cominciare dal diritto
universale dell’assistenza sanitaria con la fuoriuscita del Privato dal sistema
nazionale che assorbe ingenti risorse a scapito dell’ infrastruttura principale
pubblica qual è la Sanità
Contestualmente bisognerà costruire nuove vie
istituzionali per la
partecipazione attiva di massa alla vita democratica direttamente esercitabile
per le agibilità delle
forme politiche del Comune
forme politiche del Comune
Cresce la comunità che ha dato vita al progetto del Comitato
Rodotà, con la prospettiva di espandere la sfera attorno la tematica sui Beni Comuni, come dimostra l’ampia partecipazione e la
ricca discussione che si è sviluppata nel corso dell’Assemblea plenaria
nazionale online dello scorso fine settimana, i cui interventi registrati
integralmente si possono seguire sulla pagina social ComitatoDifesaBeniPubblici.
L’Assemblea
s’è articolata in due parti: nella prima, ha dato spazio al dibattito sul
documento programmatico presentato dal tandem Mattei-Lucarelli (di cui abbiamo
scritto, evidenziandone anche l’apertura de facto della la campagna
referendaria abrogativa del vigente sistema sanitario); nella
seconda, il tempo è stato impiegato nell’approfondimento tematico dedicato al
Cibo, al Clima e all’Energia, sezioni che hanno visto la partecipazione di
invitati d’eccezione, i quali hanno manifestato anche una sensibilità alla
politica assai vicina e agli obiettivi del Comitato-Rodotà.
Conclusasi la prima
fase assembleare, con l’approvazione della linea espressa dal
documento proposto dai due giuristi, è stata data la parola agli invitati: l’accademico
ed ex ministro Lorenzo
Fioramonti (percepito dai media come leader dell’area grillina di estrema
sinistra) e Luca Mercalli, anch’egli accademico, climatologo e meteorologo,
noto al grande pubblico per la partecipazione alla popolare trasmissione
televisiva “Che tempo che fa”. Della squadra doveva far parte anche
Carlin Petrini, fondatore di “Slow Food”, nonché noto attivista ambientalista,
da sempre in prima linea nella lotta contro gli OGM. Purtroppo ha dovuto dare
forfait all’ultimo minuto, ma “non mancheranno in futuro – come hanno
precisato gli organizzatori – le occasioni di incontro per le comuni
battaglie”. In ogni caso, sul tema della nutrizione è stata posta una
particolare attenzione, mettendo la questione in relazione ai processi di
desertificazione causati dal surriscaldamento climatico che – a causa dello
scioglimento dei ghiacciai per l’aumento della temperatura del terrestre –
provocherà inevitabilmente l’aumento del livello dei mari, inondando centri
urbani e terreni oggi destinati alle coltivazioni agricole. Se così
stanno le cose, ha sottolineato Luca Mercalli, “fra 50 anni quasi
2\3 della popolazione potrebbe essere cacciata da alcuni parti del
globo”.
Nel
merito della sua articolata relazione, l’autorevole climatologo italiano ha
sviluppato l’analisi sull’inabitabilità del Pianeta generata dai fattori-rischio,
singolarmente presi o in combinata fra loro, quale effetto direttamente
imputabile al modello di sviluppo capitalista. Nella fattispecie i fenomeni
osservati in dettaglio da Mercalli che minacciano la conservazione degli
ecosistemi e la riproduzione stessa della nostra specie sono, per l’appunto, l’aumento
della temperatura climatica, la mancanza di cibo per effetto del
processo di desertificazione e l’innalzamento del livello delle acque marine. Un’ inversione di tendenza di questa folle corsa
alla crescita esponenziale dovrebbe innestarsi nell’utilizzazione virtuosa
delle opportunità dei saperi diffusi, sottraendo il loro intreccio
socializzante alla sfruttamento economicistico, provando così a trasformare
l’eccesso di capitale in bene comune.
Il
problema che bisognerà porsi, ed in questo senso il Comitato-Rodotà è
un’assoluta risorsa politica, è come far crescere una massa critica,
organizzando la resistenza attiva contro gli interessi economici e politici
dominanti che, invece, fanno di tutto per ritardare “la transizione energetica
con l’espansione delle fonti rinnovabili”, transizione che necessità di
“interventi improrogabili non oltre il limite di 10 anni”, dato che si sono
accumulati ben 40 anni di ritardi senza interventi sostanziali in nome del lassez-faire. Inoltre dal
punto di vista ecologico la situazione è stata aggravata dall’impiego
scellerato delle centrali nucleari (proposte in alternativa alle fonti
energetiche basate su emissioni derivanti dai combustibili fossili) che
producono scorie radioattive, il cui ciclo di smaltimento è calcolato in ere
geologiche e che, nel frattempo, renderanno inospitale enormi parti del
suolo terrestre. Si paventa, in questo modo, un vero terricidio (causato
anche dalla dissennata cementificazione) che – come rileva Mercalli- si può
fermare soltanto sottraendo il suolo dagli attacchi speculativi dichiarandone
la tutela giuridica “in quanto bene comune da salvaguardare in funzione
dell’interesse delle future generazioni”. In questo senso il noto climatologo
ritiene che, allo scopo della riduzione dell’effetto di surriscaldamento
climatico, anche le stesse centrali a biomassa – “nei casi di
necessità e con una gestione responsabile” – possono essere utilizzabili e rese
sostenibili, evitando così l’espandersi della devastante ideologia nuclearista.
Una considerazione
evidenziata durante il dibattito sulle fonti energetiche è che la partita sulle
tecnologie utilizzabili ha una rilevanza sul piano globale, ed investe
direttamente la condizione di estrema povertà in cui versano le popolazioni nei
paesi del cd “Terzo Mondo (e che mai raggiungeranno il trend d’opulenza
conseguito nei paesi del “Primo Mondo”). Infatti, mentre nelle cittadelle
occidentali è
possibile “realizzare impianti di autoproduzione energetica con piccole
centrali alimentate da fonti rinnovabili, data la disponibilità e diffusione
delle tecnologie”, nelle aree del sottosviluppo forzato le condizioni qualitative degli abitanti
saranno sempre più penalizzanti, data la loro esclusione dall’accesso tecnologico,
giacché per il sistema capitalistico globalizzato è
sufficiente il loro impiego come mera manovalanza a basso costo a servizio
della di produzione materiale. Insomma la disuguaglianza energetica sul piano
globale è uno dei pilastri su cui si gioca il conflitto ambientale non
disgiunto da quello sociale.
Non
meno interessante è stata la discussione proposta da Lorenzo Fioramonti, il
quale ha messo in evidenza l’importanza del linguaggio politico costruito
attorno i beni comuni, in ordine a quel
desiderio di chiarezza opposto al linguaggio politichese che ha aperto voragini
di incomunicabilità, distanziando volutamente la società dalla
partecipazione democratica dalla cosa pubblica. Nella
sostanza l’ex ministro immagina un’ibridazione del nuovo modello di governante per la gestione dei beni comuni: “né tutto Stato
né tutto Privato”. Una gestione sistemica condivisa, fermo restando l’abbandono
della logica del profitto come supposta forma di efficienza gestionale, in
considerazione dell’acclarata prova di inefficacia e inefficienza del
modello burocratico. Quindi l’ipotesi di ibridazione si regge fondamentalmente
su un rapporto tra Pubblico (rinnovato profondamente nella sua struttura
amministrativa, con un sistema di pesi e contrappesi dei processi decisionali
democratici dal basso) e “Terzo Settore No Profit”, sul quale
bisognerà intervenire – diciamo noi – sia per verificare l’effettività
gestionale e partecipativa
degli associati, sia per allargare le modalità costitutive, le quali non possono
essere affidate esclusivamente alla ’iperformalità statutaria”. In questo
senso, andrebbero considerate tutte quelle soggettività informalmente
costituite e assai diffuse nella società contemporanea, di cui abbiamo avuto la
prova provata della loro efficacia proprio nel periodo di lockdown, intervenendo in vari modi a sostegno dei
più deboli.
Sull’impianto
gestionale proposto da Fioramonti v’è stata una convergenza di massima di Ugo
Mattei, che ha voluto ricordare il
sodalizio con il fondatore della dottrina sui beni comuni in Italia, il
mai troppo rimpianto Stefano Rodotà, quando assieme
ad altri diedero vita alle battaglie contro le privatizzazioni e per
tutela dei beni comuni, rendendosi conto della necessità di riformare il quadro
legislativo codificato sui beni così come classificati dal Codice civile. A tal
fine è stato presentato il disegno di legge di iniziativa popolare che
recuperava il testo esitato dalla storica Commissione-Rodotà.
Nel
merito Mattei ha chiarito che bisogna andare oltre il concetto di bene comune
legato al valore economico (alla Ostrom) e guardare al Comune tout court come piattaforma politica, oltre il
Pubblico e il Privato: “I beni comuni intesi non solo come cittadinanza attiva,
bensì come produzione di politicità, non solo gestionale ma progettuale. Non
semplicemente una terza via giuridica, ma come costituente sociale”.
A
conclusione dei lavori, Mattei, nel rilanciare la campagna referendaria sulla
Salute (che dovrà chiudersi necessariamente entro la finestra istituzionale di
settembre, quale limite formalmente consentito nel corrente anno per la
legittima ammissione dell’iniziativa) ha esortato le realtà territoriali del
Comitato ad avviare un percorso di mobilitazione e radicamento, sviluppando la
capacità aggregativa per la costituzione delle reti con gli altri soggetti
alternative ed antagonisti prima che si dispieghi la catastrofe economica.
“Bisognerà immaginare – sintetizzando al massimo le conclusioni di Mattei – un
modello di società diverso da quello pre-pandemico, a cominciare dal diritto
universale dell’assistenza sanitaria con la fuoriuscita del Privato dal sistema
nazionale che assorbe ingenti risorse a scapito dell’infrastruttura principale
pubblica qual è la Sanità”. Contestualmente il Presidente del Comitato ha
sollecitato la “costruzione di nuove vie istituzionali per la partecipazione attiva di massa alla vita
democratica direttamente esercitabile per le agibilità delle forme politiche
del Comune”. Non a caso, a chiusura dei lavori assembleari, è stata condivisa
la proposta di convocare al più presto gli Stati Generali dei movimenti, al
fine di dare anima e corpo alla Costituente sui Beni Comuni, una necessità non
più procrastinabile.