domenica 22 marzo 2020

NON C’È CITTADINANZA PER I PROFESSIONISTI DEI BB.CC.

 - comunicato - 

 Nessun dialogo con i più deboli 

 numerosi specialisti-precari 

 della filiera  

 [Accì]   Pubblichiamo un ampio stralcio dell’analisi dei lavoratori precari del movimento “Mi Riconosci? Sono un Professionista dei beni culturali”, una realtà associativa in continua crescita con ramificazioni in tutte le regioni, sorta dal basso in piena autonomia alla fine del 2015, avviando un campagna “sull’accesso alle professioni dei beni culturali e sulla valorizzazione dei titoli di studio del settore” . Mi Riconosci?   è uno dei pochi soggetti – purtroppo – che si contrappone alle scelte politiche adottate da tutti i governi succedutisi, i quali – senza soluzione di continuità – hanno, a nostro avviso, subordinato la Tutela del patrimonio culturale alla gestione aziendalista, privatizzando con una progressiva esternalizzazione i servizi (da quelli aggiuntivi alla didattica), nell’illusoria valorizzazione dei beni che dovrebbero autofinanziarsi senza gravare sulla fiscalità generale. Questa politica – secondo noi –  scellerata ha svuotato la struttura dei BB.CC. privandosi di un proprio apparato tecnico-scientifico (archeologi, restauratori, storici dell’arte, etno-antropologi, specialisti della diagnostica, etc.), e quei pochi istituti scientifici pubblici rimasti ancora in piede sono in continua sofferenza, date le poche risorse loro destinate. Sullo sfondo si vedono tanti giovani professionisti esperti nel settore condannati alla precarietà a vita. Lo stralcio che proponiamo riprende in sintesi la vicenda BB.CC. che mette in evidenza  il perseverare del ministro nell’ignorare il grande bacino di competenze di cui dispone il nostro paese

All’indomani dello scoppio della crisi Dario Franceschini ha incontrato il responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo (sic) della Lega, Gian Marco Centinaio (2 marzo), poi il Ministero ha annullato la domenica gratuita al Museo, ha incontrato le imprese del Turismo, del Cinema, dello Spettacolo (28 febbraio), poi Federculture e le imprese del settore del Patrimonio Culturale (4 marzo). Ma non ha mai aperto un dialogo con i più deboli e numerosi della filiera: i lavoratori esternalizzati e precari. Non ha incontrato neppure gli enti locali, esposti in prima linea al collasso turistico, culturale e sociale che ne potrebbe conseguire, e che pure si sono fatti promotori di misure molto coraggiose per far fronte all’emergenza. Nel frattempo agisce, nel silenzio, sempre nella stessa direzione: l’11 marzo la Direzione Generale Bilancio ha esplicitamente invitato gli uffici periferici del Ministero a sospendere i contratti che si possono sospendere. Non stupisce, dato il contesto, che nel decreto del 16 marzo, arrivato dopo tre settimane di crisi di intensità mai vista, siano previste una serie di misure, come il rimborso per biglietti o tour, tutte volte a difendere le aziende dello spettacolo e del turismo, con fondi che serviranno per appianare le perdite, non per dare lavoro. 
Sono misure figlie della cieca fede in un sistema assurto ormai a dogma, a scapito della più banale attinenza alla realtà. Sia chiaro, è sacrosanto tutelare anche gli investimenti, ma non dimenticando altri aspetti vitali. E invece ciò che sta accadendo è proprio questo: la tutela degli investimenti per tutelare un sistema, ad ogni costo, in questo caso a costo di lasciare decine di migliaia di persone senza soldi per mangiare.
Si ha davvero l’impressione che i lavoratori della Cultura siano visti solo come fornitori di servizi senza alcun diritto. Mentre gli si chiede di “usare al massimo i loro social e siti” (8 marzo), si sprecano le parole su cosa deve fare il mondo della cultura, non si spende una sola parola su ciò che stanno patendo i lavoratori di quel mondo: gli archeologi ancora costretti a lavorare nei cantieri nonostante non vi sia nulla di essenziale e urgente in essi; le guide e gli educatori museali ridotti a reddito zero da settimane; l’intero comparto turistico (vale il 13% del PIL) crollato come un castello di carta; le cooperative che in tutta Italia interrompono collaborazioni e contratti.
È in momenti difficili come questi che si nota quanto sarebbe importante avere un Ministro capace, preparato e dedito a ciò che amministra, e non un avvocato con esperienza esclusivamente politica. Ma in un momento come questo sarebbe un grave errore soffermarsi su ciò che dovrebbe essere: dobbiamo concentrarci su ciò che deve essere. E ciò che deve essere è una revisione totale di un sistema che se non viene smantellato creerà solo e soltanto costi, economici e sociali: non ha minimamente senso mantenere delle aziende private con fondi statali, se queste non garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. 
Reddito immediato per tutti i lavoratori del settore, almeno per qualche mese, per far fronte alle spese ed evitare il collasso economico-sociale; un sistema di incentivi e obblighi per le imprese perché aumentino le stabilizzazioni anche durante la crisi; aiuto statali solo a chi tutela il lavoro e rispetta determinati standard; aumento delle assunzioni pubbliche, non solo statali; e, approfittando di queste settimane di totale blocco, revisione profonda del sistema che ha regolato e dominato il settore culturale (e non solo) in questi trent’anni, limitando esternalizzazioni e subappalti ai casi in cui ci sia un vantaggio per la collettività e una tutela del lavoro, attraverso un sistema di precisi vincoli e contrappesi. Sono ovvietà, prima erano utili e urgenti, adesso sono misure emergenziali che vanno prese all’istante, se si vuole evitare il peggio. È possibile che né il Ministro né il Ministero abbiano intenzione di affrontare l’emergenza e la realtà: ma questa invaderà le stanze governative come un fiume in piena se non si farà qualcosa in tempo. Se il Ministero dei Beni Culturali se ne laverà le mani, starà al Governo prenderne atto, con gli altri ministeri competenti, dall’Economia al Lavoro. E starà a noi fargliene prendere atto prima che sia troppo tardi.

Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali