OBBLIGHI DI RICERCA E SOCCORSO IMPOSTI DAL DIRITTO
INTERNAZIONALE E ACCORDI CON GLI STATI DI TRANSITO
OBBLIGHI DI RICERCA E SOCCORSO IMPOSTI DAL DIRITTO
INTERNAZIONALE E ACCORDI CON GLI STATI DI TRANSITO
Pubblichiamo l’abstract della relazione presentata al Convegno di Lampedusa “La
frontiera del diritto e il diritto della frontiera. Dieci anni dopo di nuovo
insieme a Lampedusa”, promosso il 9 e 10 novembre 2019 da Area democratica per la giustizia e dall’ASGI - Associazione
per gli studi giuridici sull’immigrazione
L’obbligo di
salvare la vita in mare costituisce una precisa obbligazione degli stati che
prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto
dell’immigrazione irregolare. Come il divieto di subire trattamenti inumani o
degradanti ( sancito anche da diverse Convenzioni internazionali, come la
CEDU), l’obbligo di garantire la vita delle persone in mare non è comprimibile
in base ad accordi tra stati che diano rilievo all’esigenza di contrastare le migrazioni
irregolari.
La ricostruzione dei fatti e la qualificazione
delle responsabilità dei diversi attori coinvolti nelle attività di ricerca e
salvataggio (SAR) nelle acque internazionali del Mediterraneo Centrale deve
tenere conto dei rilevanti profili di diritto dell’Unione Europea, di diritto
internazionale e del diritto umanitario che, in base alla Costituzione
italiana, assumono rilievo diretto nell’ordinamento giuridico interno [1].
Le gravi violazioni dei diritti umani subite dai
migranti in Libia non sono soltanto anteriori alla stipula del Memorandum
d’intesa del 2 febbraio 2017 e del successivo Codice di condotta imposto dal
Ministero dell’intero alle ONG operanti attività SAR in acque internazionali
nel Mediterraneo centrale, ma sono proseguite anche fino ai mesi scorsi, come
dimostrato dai rapporti delle Nazioni Unite e dalle Comunicazioni dell’OIM.
Esamineremo le basi legali delle operazioni di ricerca
e salvataggio in mare, per dimostrare che il dovere di salvaguardare la vita
umana in mare e di rendere assistenza non consiste soltanto nella
predisposizione di accordi bilaterali o di assetti operativi finalizzati alle
attività SAR, ma comprende l’effettivo raggiungimento delle finalità di
salvaguardia nel rispetto del diritto internazionale del mare ( Convenzioni
UNCLOS , SAR, SOLAS e SALVAGE) e del diritto dei rifugiati ( Convenzione di
Ginevra del 1951). Secondo quanto previsto dall’attuale normativa
internazionale non si può affermare l’esistenza di una area SAR “libica”, come
invece assunto dalle autorità italiane, che non hanno neppure dimostrato
l’esistenza di una autonoma Centrale operativa di comando “libica”(MRCC)
unificata e nazionale, responsabile del coordinamento delle attività SAR in
acque internazionali. I piu recenti passi delle politiche europee, ed italiane, dalla Riunione dei
ministri di quattro paesi a Malta, il 23 settembre, alla
mancata approvazione da parte del Parlamento europeo della Risoluzione
sulla ricerca ed il soccorso in mare nel Mediterraneo, proposta
dalla Commissione Libe, rendono urgente in questa materia un recupero della
piena effettività della giurisdizione, su scala internazionale, eurounitaria ed
italiana.
per leggere la relazione completa clicca A-DIF.ORG