martedì 12 novembre 2019

SALVARE VITE A MARE È DOVERE DEGLI STATI

OBBLIGHI DI RICERCA E SOCCORSO IMPOSTI DAL DIRITTO INTERNAZIONALE E ACCORDI CON GLI STATI DI TRANSITO


Pubblichiamo l’abstract della relazione presentata al Convegno di Lampedusa “La frontiera del diritto e il diritto della frontiera. Dieci anni dopo di nuovo insieme a Lampedusa”, promosso il 9 e 10 novembre 2019 da Area democratica per la giustizia e dall’ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione 


L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce una precisa obbligazione degli stati che prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Come il divieto di subire trattamenti inumani o degradanti ( sancito anche da diverse Convenzioni internazionali, come la CEDU), l’obbligo di garantire la vita delle persone in mare non è comprimibile in base ad accordi tra stati che diano rilievo all’esigenza di contrastare le migrazioni irregolari.
La  ricostruzione dei fatti e la qualificazione delle responsabilità dei diversi attori coinvolti nelle attività di ricerca e salvataggio (SAR) nelle acque internazionali del Mediterraneo Centrale deve tenere conto dei rilevanti profili di diritto dell’Unione Europea, di diritto internazionale e del diritto umanitario che, in base alla Costituzione italiana, assumono rilievo diretto nell’ordinamento giuridico interno [1].
Le gravi violazioni dei diritti umani subite dai migranti in Libia non sono soltanto anteriori alla stipula del Memorandum d’intesa del 2 febbraio 2017 e del successivo Codice di condotta imposto dal Ministero dell’intero alle ONG operanti attività SAR in acque internazionali nel Mediterraneo centrale, ma sono proseguite anche fino ai mesi scorsi, come dimostrato dai rapporti delle Nazioni Unite e dalle Comunicazioni dell’OIM.
Esamineremo le basi legali delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare, per dimostrare che il dovere di salvaguardare la vita umana in mare e di rendere assistenza non consiste soltanto nella predisposizione di accordi bilaterali o di assetti operativi finalizzati alle attività SAR, ma comprende l’effettivo raggiungimento delle finalità di salvaguardia nel rispetto del diritto internazionale del mare ( Convenzioni UNCLOS , SAR, SOLAS e SALVAGE) e del diritto dei rifugiati ( Convenzione di Ginevra del 1951). Secondo quanto previsto dall’attuale normativa internazionale non si può affermare l’esistenza di una area SAR “libica”, come invece assunto dalle autorità italiane, che non hanno neppure dimostrato l’esistenza di una autonoma Centrale operativa di comando “libica”(MRCC) unificata e nazionale, responsabile del coordinamento delle attività SAR in acque internazionali. I piu recenti passi delle politiche europee, ed italiane, dalla Riunione dei ministri di quattro paesi a Malta, il 23 settembre, alla mancata approvazione da parte del Parlamento europeo della Risoluzione sulla ricerca ed il soccorso in mare nel Mediterraneo, proposta dalla Commissione Libe, rendono urgente in questa materia un recupero della piena effettività della giurisdizione, su scala internazionale, eurounitaria ed italiana.


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