- Giuseppe Romano* -
Riprendiamo il contributo pubblicato sul sito della associazione 'Giuristi Democratici', in merito all'art. 634-bis c.p. previsto dal ddl 1660, già approvato alla Camera e in attesa della discussione al Senato_
Finalmente
anche il legislatore di destra – (centro) si accorge, con il disegno di legge
1660, di come la vicenda penale delle occupazioni di case racchiude una
distinzione ontologica tra le condotte di chi ruba il ‘domicilio’ a chi lo
abita e chi, non avendo alternative, abita edifici sfitti destinati al degrado
.
Il punto
segna un passaggio importante trascurato dai media e commentatori. Sul finire
del 2018 il primo decreto sicurezza Salvini ha raddoppiato per 24 volte il
minimo pena previsto per il reato di occupazione dell’art. 633 c.p. In pratica:
prima il procedimento penale si poteva definire con una multa di 103 euro ma
ora il minimo pena è un anno di carcere e la multa. Il motivo dell’
inasprimento fu un utilizzo aperto del c.d. diritto penale del nemico avendo il
Ministro palesemente in mira tutte quelle fazioni antagoniste che lottano per
il diritto alla casa. L’aggravamento di pena sta portando alla luce una serie
di questioni di legittimità costituzionale del novellato art. 633 c.p.; la diversificazione
odierna del nuovo assetto normativo voluto dal governo Meloni, rinforza le
perplessità della precedente riforma Salvini. Non appare congruo, infatti,
stabilire un minimo pena identico di anni uno di reclusione (o addirittura anni
2 se in concorso) per chi invade per necessità un edificio abbandonato e chi,
profittando della temporanea assenza di una persona che è ivi domiciliato (cioè
ci vive) , si appropria dell’immobile. Con la formulazione attuale del nuovo
reato di invasione violenta di domicilio nessuno degli attivisti per la casa
sarebbe imputabile atteso che il loro operato si concentra, come noto, sul
disvelare l’enorme contraddizione esistente nel nostro paese tra patrimonio
sfitto e decadente dell’edilizia residenziale pubblica e l’accesso esiguo alle
graduatorie legittimanti l’assegnazione.
Fatta questa
premessa, vogliamo salutare quindi benevolmente, almeno in questa parte, il
famigerato disegno di legge 1660 approvato dalla Camera? Certo che no e per più
ineludibili ragioni. Il testo interviene in maniera barocca in un segmento di
codice penale che vede per condotte sovrapponibili l’illegittima
sovrapposizione di ben quattro reati: artt. 633 (invasione di edifici), 633-bis
(l’invasione ‘musicale da rave’), 634 (invasione/turbamento violento di
immobili), 634-bis (occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio
altrui). Dire che la tecnica normativa abbia abbandonato la mente
dell’istituzione legislativa non pare un fuor d’opera e renderà di sicuro
necessario l’ingresso della Corte costituzionale in assetto riparatore in
ordine alla necessaria tassatività del delinearsi delle fattispecie penale ma
anche sotto il profilo della conoscibilità del prodotto normativo a tutti i
consociati.
Il secondo e
più grave vizio della norma consiste nel volutamente ambiguo utilizzo della
locuzione ‘destinato a domicilio altrui’ che caratterizza il nuovo
reato. Una casa abbandonata dall’A.t.e.r. di Venezia che non ha i soldi per
provvedere ai lavori di ristrutturazione (centinaia), ma in astratto in futuro
assegnabile, o un alloggio popolare assegnabile o assegnato ma non ancora
abitato dall’assegnatario rientra nella definizione di “domicilio” e giustifica
l’applicazione del disposto dell’art. 634-bis? Se così fosse si vanificherebbe
nuovamente la distinzione inziale tra condotte ed il diverso disvalore delle
stesse. Lasciare al Pubblico Ministero procedente l’interpretazione della norma
è foriero di confusi approdi nella pratica quotidiana. Ancora: se Tizio è
sfrattato da un privato per morosità incolpevole e si rifiuta di abbandonare
l’edificio ‘destinato a domicilio’ oltre alla controversia civile
dovrà anche farsi carico della galera con una pena minima di anni due?
Dalla palude
normativa in cui siamo si uscirebbe agilmente lasciando il reato di occupazione
come è stato configurato per oltre un secolo o rendendo comunque sanzionabile
penalmente chi sottrae la casa ad una altra persona che la abita e
introducendo, di converso, una scriminante per coloro che entrano in un
edificio abbandonato al degrado in nome di una difesa astratta del diritto di
proprietà che pare essere l’unico bene in concreto mai sacrificabile da un
legislatore sempre più distante dalla realtà concreta delle fasce deboli del
nostro paese.
avvocato dei Giuristi Democratici di Venezia-Sez.
Emanuele Battain