Il governo cambi rotta con la Legge di bilancio
-Armando Danella-
la discussa “grande opera idraulica”
che dovrebbe fermare a Venezia
il ripetersi dell’ "Acqua Granda"
(fenomeno di questi giorni analogo a quello del ’66)
dovrà fare i conti con il surriscaldamento del clima:
una “variabile dagli effetti presunti che erano stati collocati
in un futuro lontano e non molto prossimo”.
Infatti, se realizzata, la faraonica impresa
-perlomeno per i costi fin in qui sostenuti
e per i lunghi tempi dell’ancora incompleta posa in opera-
dovrà reggere la prova di collaudo in un contesto nel quale
che dovrebbe fermare a Venezia
il ripetersi dell’ "Acqua Granda"
(fenomeno di questi giorni analogo a quello del ’66)
dovrà fare i conti con il surriscaldamento del clima:
una “variabile dagli effetti presunti che erano stati collocati
in un futuro lontano e non molto prossimo”.
Infatti, se realizzata, la faraonica impresa
-perlomeno per i costi fin in qui sostenuti
e per i lunghi tempi dell’ancora incompleta posa in opera-
dovrà reggere la prova di collaudo in un contesto nel quale
l’aumento di eventi meteo estremi sta dimostrando ciò che
ambientalisti e scienziati hanno sempre detto:
"È UN’OPERA VECCHIA E DANNOSA"
Questo sistema economico globale, sostenuto da un capitalismo estrattivo
e predatorio attraverso i suoi governi, sta dimostrando di non impegnarsi
sufficientemente a ridurre l’emissione di gas serra per contenere il più presto
possibile l’aumento dei
livelli di riscaldamento del pianeta entro un massimo di 1,5 gradi, e il
conseguente aumento dei livelli marini si sta presentando molto più rapido e
ravvicinato anche
nei nostri mari laddove le previsioni a fine secolo si potevano attestare sugli
80 cm come dato più attendibile. Vari autorevoli organismi internazionali
( IPCC- gruppo intergovernativo di esperti su cambiamenti, WMO-organizzazione
meteorologica mondiale, UNEP- programma ambientale dell’ONU) denunciano una
abnorme concentrazione di CO2 nell’atmosfera con dati che si sono aggravati
negli ultimi 3 anni, l’allarme degli scienziati è costante ed univoco
avvertendo che i prossimi 12 anni saranno cruciali per un’inversione di
tendenza.
Tale quadro di accelerazione dell’aumento dei livelli marini,
per Venezia significa più eventi di alte maree e più
numerose chiusure delle paratoie del Mose (ammesso che funzioni ). Ma questo
comporterà che il più frequente isolamento della laguna dal mare impedirà il
ricambio idraulico, con conseguente soffocamento della laguna (viene a mancare
l’apporto di nutrienti, con riduzione delle capacità depurative e ossigenanti
nonché di quelle di vivificazione delle parti più interne) oltre
che con pesanti penalizzazioni per l’attività
portuale.
Una situazione che dimostra, anche ai più scettici, che il Mose
non rappresenta il metodo di difesa più idoneo: la chiusura delle bocche
lagunari non può più rappresentare nel medio-lungo termine la soluzione per
contrastare gli scenari di eustatismo attesi nel secolo.
Altre sono le soluzioni da adottare tra cui la principale è quella
di un recupero altimetrico rendendo possibili
sollevamenti puntuali e di porzioni di territorio urbane e lagunari attraverso
l’immissione di fluidi su strati geologici profondi del sottosuolo; e nel
frattempo procedere con altri interventi che nell’immediato attenuano l’impatto
delle maree medio-alte quali la riduzione delle sezioni alle bocche di porto
con rialzo dei
fondali , opere trasversali fisse e removibili stagionalmente, opere di prolungamento
dei moli, interventi nei centri abitati per “ macro insulae “, ecc.
Con questa emergenza climatica l’approccio
sulla problematica veneziana relativa alle acque alte va radicalmente
modificato e aggiornato con i tempi in essere, evitando nel concreto di
rincorrere dispendiose azioni necessarie per l’ultimazione del Mose, fonte di
esorbitanti costi di manutenzione e gestione, provvedendo
invece a
trasferire tutti gli investimenti previsti, attuali e futuri, per il Mose,
compresi quelli dello “ sblocca cantieri”, verso una grande
“nuova opera” volta al recupero altimetrico di Venezia e della sua laguna
modificando il rapporto altimetrico mare-suolo ( e avanzate ricerche in materia
prevedono come farlo).
E per passare dalle parole ai fatti, bisognerebbe che fin
dalla prossima Legge di bilancio i finanziamenti previsti per ultimare il Mose (compresi
quelli per la sua manutenzione e gestione) potessero
venire indirizzati tutti
verso la messa in sicurezza e l’adattamento del territorio veneziano ai
cambiamenti climatici come sopra meglio argomentato.
Potrebbe apparire singolare quale
sarà verosimilmente
la conclusione della vicenda veneziana
relativa al Mose. La
sua storia descrive anni di mobilitazioni e manifestazioni contrarie
all’opera, registra anche pesanti
denunce per occupazioni dei cantieri e della sede
del Magistrato alle Acque e del Consorzio Venezia Nuova, importanti soggetti anche
istituzionali che si sono impegnati fino alla fine per dimostrarne
la sua inaffidabilità. Migliaia di cittadini (va
ricordato lo slogan :” Il Mose: un’opera utile solo per chi la fa” ), un
mondo scientifico formato da eminenti scienziati fuori dal libro paga del
Consorzio Venezia Nuova, ministero dell’Ambiente, un sindaco del Comune di
Venezia ( 1995-2000, 2005-2010 ), tantissimi comitati e
associazioni, non sono riusciti a bloccare l’opera.
Una battaglia persa visto
che il Mose ormai lo
stiamo toccando con
mano.
Oggi invece potremmo assistere a
una sorta di amara rivincita, anche se gli italiani l’hanno pagata
a duro prezzo; quello che tanti di noi non sono riusciti ad ottenere, lo
farà “
l’emergenza climatica” che decreterà il
riconoscimento della fine del Mose, la sua fine ingloriosa con lo sperpero di
danaro e l’incremento di debito pubblico. Il Mose, con questo trend di aumento
del livello del mare, rappresenterà infatti un
elemento negativo alla sopravvivenza di Venezia e
della sua laguna, perciò è presumibile che dovrà essere rimosso, abbandonato,
condannato.
Altro capitolo sarebbe quello di stabilire alla fine chi pagherà
quando l’emergenza climatica (ed altri difetti strutturali ) si incaricherà di dimostrare che
l’opera che doveva durare 100 anni è invece inutile
e dannosa e questo già nei prossimi anni.