martedì 19 novembre 2019

IL MOSE E L’EMERGENZA CLIMATICA

 Il governo cambi rotta con la Legge di bilancio 

-Armando Danella-
la discussa “grande opera idraulica” 
che dovrebbe fermare a Venezia 
il ripetersi dell’ "Acqua Granda" 
(fenomeno di questi giorni analogo a quello del ’66) 
dovrà fare i conti con il surriscaldamento del clima: 
una  “variabile dagli effetti presunti che erano stati collocati 
in un futuro lontano e non molto prossimo”. 
 Infatti, se realizzata,  la faraonica impresa 
-perlomeno per i costi fin in qui sostenuti 
e per i lunghi tempi  dell’ancora incompleta posa in opera- 
dovrà reggere la prova di collaudo in un contesto nel quale  
l’aumento di eventi meteo estremi sta dimostrando ciò che 
ambientalisti e scienziati hanno sempre detto:
 "È UN’OPERA VECCHIA E DANNOSA" 


Questo sistema economico globale, sostenuto da un capitalismo estrattivo e predatorio attraverso i suoi governi, sta dimostrando di non impegnarsi sufficientemente a ridurre l’emissione di gas serra per contenere il più presto possibile l’aumento dei livelli di riscaldamento del pianeta entro un massimo di 1,5 gradi, e il conseguente aumento dei livelli marini si sta presentando molto più rapido e ravvicinato anche nei nostri mari laddove le previsioni a fine secolo si potevano attestare sugli 80 cm come dato più attendibile. Vari autorevoli organismi  internazionali ( IPCC- gruppo intergovernativo di esperti su cambiamenti, WMO-organizzazione meteorologica mondiale, UNEP- programma ambientale dell’ONU) denunciano una abnorme concentrazione di CO2 nell’atmosfera con dati che si sono aggravati negli ultimi 3 anni, l’allarme degli scienziati è costante ed univoco avvertendo che i prossimi 12 anni saranno cruciali per un’inversione di tendenza.
Tale quadro di accelerazione dell’aumento dei livelli marini, per Venezia significa più eventi di alte maree e più numerose chiusure delle paratoie del Mose (ammesso che funzioni ). Ma questo comporterà che il più frequente isolamento della laguna dal mare impedirà il ricambio idraulico, con conseguente soffocamento della laguna (viene a mancare l’apporto di nutrienti, con riduzione delle capacità depurative e ossigenanti nonché di quelle di vivificazione delle parti più interne) oltre che con pesanti penalizzazioni per l’attività portuale.
Una situazione che dimostra, anche ai più scettici, che il Mose non rappresenta il metodo di difesa più idoneo: la chiusura delle bocche lagunari non può più rappresentare nel medio-lungo termine la soluzione per contrastare gli scenari di eustatismo attesi nel secolo.
Altre sono le soluzioni da adottare tra cui la principale è  quella di un recupero altimetrico rendendo possibili sollevamenti puntuali e di porzioni di territorio urbane e lagunari attraverso l’immissione di fluidi su strati geologici profondi del sottosuolo; e nel frattempo procedere con altri interventi che nell’immediato attenuano l’impatto delle maree medio-alte quali la riduzione delle sezioni alle bocche di porto con rialzo  dei fondali , opere trasversali fisse e removibili stagionalmente, opere di prolungamento dei moli, interventi nei centri abitati per “ macro insulae “, ecc.
Con questa emergenza climatica l’approccio sulla problematica veneziana relativa alle acque alte va radicalmente modificato e aggiornato con i tempi in essere, evitando nel concreto di rincorrere dispendiose azioni necessarie per l’ultimazione del Mose, fonte di esorbitanti costi di manutenzione e gestione,  provvedendo invece a trasferire tutti gli investimenti previsti, attuali e futuri, per il Mose, compresi quelli dello “ sblocca cantieri”,  verso una grande “nuova opera” volta al recupero altimetrico di Venezia e della sua laguna modificando il rapporto altimetrico mare-suolo ( e avanzate ricerche in materia prevedono come farlo).
E per passare dalle parole ai fatti, bisognerebbe che fin dalla prossima Legge di bilancio i finanziamenti previsti per ultimare il Mose (compresi quelli per la sua manutenzione e gestione)  potessero venire  indirizzati  tutti verso la messa in sicurezza e l’adattamento del territorio veneziano ai cambiamenti climatici come sopra meglio argomentato.
Potrebbe apparire  singolare quale sarà verosimilmente la conclusione della  vicenda veneziana relativa al Mose. La sua storia descrive anni di mobilitazioni e manifestazioni contrarie all’opera, registra anche pesanti denunce per occupazioni dei cantieri e della sede del Magistrato alle Acque e del Consorzio Venezia Nuova, importanti soggetti anche istituzionali che si sono impegnati fino alla fine per dimostrarne la sua inaffidabilità. Migliaia di cittadini  (va ricordato lo slogan :” Il Mose: un’opera utile solo per chi la fa” ),  un mondo scientifico formato da eminenti scienziati fuori dal libro paga del Consorzio Venezia Nuova, ministero dell’Ambiente, un sindaco del Comune di Venezia ( 1995-2000, 2005-2010 ), tantissimi  comitati e associazioni, non sono riusciti a bloccare  l’opera. Una battaglia persa visto che il Mose ormai lo stiamo  toccando con mano.
Oggi invece potremmo  assistere a una sorta di amara rivincita, anche se gli italiani  l’hanno  pagata a duro prezzo; quello che tanti di noi non sono riusciti ad ottenere, lo farà  “ l’emergenza climatica” che decreterà il riconoscimento della fine del Mose, la sua fine ingloriosa con lo sperpero di danaro e l’incremento di debito pubblico. Il Mose, con questo trend di aumento del livello del mare, rappresenterà infatti un elemento negativo alla  sopravvivenza di Venezia e della sua laguna, perciò è presumibile che dovrà essere rimosso, abbandonato, condannato.
Altro capitolo sarebbe quello di stabilire alla fine chi pagherà quando l’emergenza climatica (ed altri difetti strutturali ) si incaricherà di dimostrare che l’opera che doveva durare 100 anni è invece inutile e dannosa e questo già nei prossimi anni.

tratto dall’articolo di Armando Danella, “Saranno i cambiamenti climatici ad affondare il Mose”, Sbilanciamoci