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AMBIENTE PAESAGGIO BENI CULTURALI-
ALCUNE CONSIDERAZIONI NON POLITICISTE
Se l’opera dell’Uomo Vitruviano di Leonardo non ha l’assoluto carattere identitario nell'elenco delle Gallerie dell'Accademia, sarà alquanto arduo stabilire una casistica da cui potrà attribuirsi la caratterizzazione di assoluta identitarietà tra opera e museo
[accì] Senza entrare
nel merito della complessa ed articolata decisione del Tar–Veneto che ha riconosciuto la legittimità del
provvedimento del MIBACT, con il quale si autorizza il prestito parigino al
museo del Louvre dell’Uomo Vitruviano,
vogliamo semplicemente evidenziare alcuni passaggi dell’esaustivo articolo di Vera
Mantengoli pubblicato ieri su “la Repubblica”, in modo che ognuno possa farsi una idea sulla vexata quaestio.
"Il nostro
ricorso era fondato a nostro avviso e siamo veramente delusi" ha detto
Lidia Fersuoch di Italia Nostra Venezia."Siamo inoltre perplessi e
stupefatti perché uno dei nostri motivi di ricorso, e cioè che i
beni appartenenti al fondo identitario di un museo non possono andare
all'estero,
è stato violato. La relazione della Marini identifica l'Uomo
vitruviano fra queste opere costituenti il fondo principale del Museo come si legge
nell'articolo 66 comma 2 lettera b) -giusta D.Lgs. n. 42/2004- senza ombra di dubbio".
Cosa esprimeva nella relazione l’allora Direttrice delle Gallerie dell'Accademia Paola Marini, oggi collocata in quiescenza? Semplicemente un deciso secco “No”. Giacché poneva l’opera “tra quelle generalmente [grassetto nostro]) escluse dal prestito”. Tale diniego non poteva essere evidentemente espresso in base ad un mero potere discrezionale, ma in ragione della fattispecie citata sopra da Italia Nostra, ed addotta tra le motivazioni a supporto del ricorso. Premesso che la relazione è stata redatta nell'ottobre 2018 a seguito dei contatti con le autorità francesi, in ordine al prestito in questione, avviato nel 2017 dal ministro Franceschini (adesso ritornato nella funzione politica pro tempore a capo del dicastero dei beni culturali), durante l’interregno del ministro Alberto Bonisoli, a fine marzo 2019, così come scrive la giornalista di “Repubblica”, «spunta una mail segreta, portata alla luce dalla Nuova Venezia e da Repubblica, del segretario generale del Mibac Giovanni Panebianco, diventato direttore per avocazione delle Gallerie, quando la Marini era andata in pensione. Nella mail, rivolta ai funzionari delle Gallerie e quindi in un certo senso anche a se stesso, chiede la possibilità di riconsiderare il prestito del Louvre».
Orbene, dopo la sospensiva riconosciuta precedentemente dal
TAR nelle more del dibattimento, con un vero e proprio
coup de theatre,
cosa escogitano gli esperti delle Gallerie dell'Accademia?
La linea difensiva è presto detta:
- «essendo stato acquistato nel 1822 dal collezionista milanese Giuseppe Bossi» (si vuole precisare forse che è un bene commerciale?);
- «essendo stato acquistato nel 1822 dal collezionista milanese Giuseppe Bossi» (si vuole precisare forse che è un bene commerciale?);
- «e non essendo esposto in maniera continuativa»; (forse
perché lo stato di conservazione non ne consente l’esposizione permanente?);
- e poiché «il disegno non ha carattere identitario rispetto
alla città di Venezia, ma pertinenziale» (forse come un qualsiasi attrezzo depositato nel magazzino del giardino di pertinenze all’abitazione principale?);
- considerato infine che «se è vero che la direttrice delle
Gallerie, la dottoressa Paola Marini ora in pensione, nel 2018 aveva posto
l'opera tra quelle generalmente escluse
dal prestito, non aveva detto che non
possono in modo inderogabile non uscire [grassetto nostro]»;
per i motivi in narrativa su esposti, la riconsiderazione del
viaggio a Parigi dell’ Uomo Vitruviano può adesso favorevolmente essere
sostenuta.
Quanto sopra abbiamo semplicemente rappresentato. Una sola nostra opinione ci sentiamo di esprimere: non abbiamo la competenza giuridica necessaria per poter
definire alquanto "bizantina" la tesi difensiva imbastita dalla pubblica amministrazione, e da un tal giudizio ci asteniamo. Ma ci dichiariamo anche noi stupefatti come Italia Nostra nel considerare come anche una cavillosa parolina -per l'appunto “inderogabile” - possa essere in qualche modo decisiva… Allora si vede che hanno ragione i
signori del ministero, e torto quanti, invece, si oppongono alla turistificazione e
mercificazione del comune patrimonio storico-artistico.
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