DALLA ‘RAZZA ITALICA’ AL ‘BRAND ITALIA’
-OSSERVATORIOTUTELACOMUNE
AMBIENTE PAESAGGIO BENI CULTURALI-
LEONARDO COME BOTTICELLI
OVVERO
FRANCESCHINI COME MUSSOLINI
IN ITALIA QUESTA LUNGA TRADIZIONE HA CONOSCIUTO IL SUO MOMENTO ESTREMO
SOTTO IL FASCISMO
MUSSOLINI HA ORGANIZZATO LE PIÙ SPETTACOLARI MOSTRE
POLITICHE DELLA NOSTRA STORIA, METTENDO BOTTICELLI AL SERVIZIO DEL FASCISMO
NÉ NAZIONALISMO NÉ
ELITARISMO SULLA QUESTIONE DEL PRESTITO DELL’UOMO VITRUVIANO
IN UNO STATO CON LA NOSTRA COSTITUZIONE, LA RAGION DI STATO DOVREBBE COINCIDERE
CON LE RAGIONI DELLA TUTELA E DELLA RICERCA
MA DOVE RENZI NON È RIUSCITO, FRANCESCHINI HA AVUTO PIENO SUCCESSO: NEL GOVERNO DEL PATRIMONIO CULTURALE ORMAI LA COSTITUZIONE È UN LONTANO RICORDO
IN UNO STATO CON LA NOSTRA COSTITUZIONE, LA RAGION DI STATO DOVREBBE COINCIDERE
CON LE RAGIONI DELLA TUTELA E DELLA RICERCA
MA DOVE RENZI NON È RIUSCITO, FRANCESCHINI HA AVUTO PIENO SUCCESSO: NEL GOVERNO DEL PATRIMONIO CULTURALE ORMAI LA COSTITUZIONE È UN LONTANO RICORDO
Con la Costituzione,
che legava strettamente all’articolo 9 la ricerca e la tutela del patrimonio,
si sperò di chiudere per sempre con questa strumentalizzazione politica della
nostra arte, ma il vizio era troppo antico. Nel 1952 Roberto Longhi si doveva
ancora augurare che lo Stato “ponesse un fermo a questa stolida e spesso
servile mania esibizionistica dell’Italia all’estero. Mania che, ove non
venisse ormai stroncata, finirebbe, oltre agli irreparabili danni materiali,
per revocarci stabilmente dal novero delle nazioni culturalmente più
progredite”. Perché, pensava Longhi, e pensa ancora la comunità internazionale
degli storici dell’arte, il progresso coincide con la sottrazione alla logica
effimera del consenso politico di un patrimonio delicatissimo, che dovrebbe
semmai servire a sviluppare la nostra umanità. Ma non c’è stato nulla da fare,
e così il governo Monti ha portato il Rinascimento a Pechino e Caravaggio a
Belo Horizonte, il governo Renzi ha spedito Raffaello a Mosca per ringraziare
Putin di un accordo sul gas, e oggi Dario Franceschini e il suo omologo
francese hanno firmato un accordo politico per la mostra di Leonardo al Louvre
(che, duole dirlo, non ha una sola novità scientifica, ed è un’umiliante parata
di trofei di Stato). La prestigiosa Tribune de l’art ha parlato di “protocollo
ridicolo, perché regola qualcosa che non è né dovrebbe essere al livello del
potere politico, ma nelle mani dei musei e dei loro responsabili. Il ministro
italiano, che pareva assai poco a proprio agio, ha voluto precisare ai
giornalisti che ‘il prestito è competenza solo dei musei e delle autorità
scientifiche’, ma aveva appena dimostrato il contrario con questo accordo
politico tra Italia e Francia”.
Franceschini in tutto
questo ha un ruolo particolarmente grave. Perché la sua scellerata riforma ha
affidato i grandi musei italiani a direttori autonomi che hanno ricevuto un
potere immenso dopo una selezione farsesca basata su colloqui di 15 minuti. Il
fatto che, secondo la riforma, il ministro stesso possa confermare o meno in
ruolo i direttori, li ha totalmente asserviti alla politica: così come sono
asserviti i consigli scientifici dei musei, di nomina pure largamente politica.
L’apparato centrale del ministero si è tolto quasi ogni possibilità di
controllo sostanziale. La Direzione generale dei musei non si occupa di tutela,
e il suo comitato scientifico è quello per l’economia della cultura: tanto per
chiarire che per Franceschini i musei sono dei bancomat.
E la Direzione per le
Belle Arti, che pure potrebbe e dovrebbe intervenire, lo fa solo per aderire ai
prestiti decisi localmente, senza consultare il suo comitato tecnico
scientifico (presieduto da Tomaso
Montanari,NdA): così è avvenuto per l’Uomo Vitruviano.
Il massacro dell’alta
dirigenza Mibac compiuto al tempo di Bondi e Berlusconi (i cui beneficiari sono
ora tornati al potere con il ritorno di Franceschini), ha lasciato il
patrimonio culturale in mano a “grandi equilibristi – per usare le parole
sempre attuali di Antonio Cederna – disposti sempre all’obbedienza verso i
pezzi più grossi di loro, sulla cui mancanza di carattere e di convinzioni
generali i vandali sanno di poter contare”.