Contro i Migranti e gli Operatori Umanitari
UNA DIRETTIVA MINISTERIALE CONTRO IL DIRITTO
Fulvio Vassallo Paleologo
\ Dopo una attività di soccorso in acque internazionali, le persone non
sono “clandestini” ma soltanto naufraghi da sbarcare nel più breve tempo
possibile in un porto sicuro
\ Le persone soccorse in mare hanno soltanto lo status di naufraghi e il loro sbarco a terra in un porto sicuro non può essere impedito o ritardato al solo fine di contrastare l’immigrazione irregolare o allo scopo di eventuali trattative tra diversi governi o autorità europee
\ Le persone soccorse in mare hanno soltanto lo status di naufraghi e il loro sbarco a terra in un porto sicuro non può essere impedito o ritardato al solo fine di contrastare l’immigrazione irregolare o allo scopo di eventuali trattative tra diversi governi o autorità europee
Una direttiva ministeriale che invita le autorità marittime e militari a
impedire l’ingresso nelle acque e nei porti italiani alle navi private che
abbiano operato attività di ricerca e salvataggio nelle acque internazionali a nord
della Libia, in quella che si continua a definire “zona SAR libica”, sebbene
manchi una Centrale operativa di coordinamento “libica” (MRCC), come ammette in
una intervista a Report il rappresentante dell’IMO a Londra.
Si osserva al
riguardo da parte degli internazionalisti che, «L’istituzione di una zona Sar è
intrinsecamente subordinata alla circostanza che lo Stato parte della
Convenzione sia in grado di garantire l’operatività continua ed efficace dei
servizi Sar nell’area di propria competenza. In particolare, lo Stato si
impegna a istituire un Centro e dei Sotto-centri di coordinamento, a designare
delle unità costiere di soccorso, a disporre di strutture, mezzi navali e
aerei, centri di telecomunicazione di soccorso e personale adeguato (da un
punto di vista quantitativo e qualitativo)”.
Ancora lo scorso dicembre, peraltro, la stessa
Guardia costiera libica aveva sostenuto che i soccorsi “nella zona SAR libica”
erano operati “in coordinamento con le autorità italiane. Fino
al 28 giugno 2018, data di istituzione della SAR libica, questo coordinamento
era affidato alle navi italiane della missione NAURAS nel porto di Abu Sittah a
Tripoli. Con la fine ingloriosa della missione NAURAS ,
dopo il 28 giugno dello scorso anno, il coordinamento italo-libico ha assunto
modalità diverse, basandosi sulla guerra che si è portata a compimento contro
le ONG, sul ritiro ed il fermo in porto dei mezzi della Guardia costiera
italiana, nella sostanziale
indifferenza delle missioni EUNAVFOR MED (Sophia) e Frontex che
da mesi si tengono lontane dalle zone di soccorso o evitano di intervenire dopo
gli avvistamenti aerei.
Una direttiva, quella appena firmata dal ministro Salvini, che tradisce
puntualmente tutte le Convenzioni
internazionali, citate solo per le parti che si ritengono
utili alla linea di chiusura dei porti adottata dal governo italiano, ma che
non menziona neppure il divieto di respingimento affermato dall’art. 33 della
Convenzione di Ginevra, norma destinata a salvaguardare il diritto alla vita ed
alla integrità fisica delle persone. Questa omissione si traduce in una ennesima
violazione del diritto interno ed internazionale. Gravi le
conseguenze per quelle autorità militari che dovessero dare corso ad un
provvedimento ministeriale manifestamente in contrasto con le Convenzioni
internazionali e con il diritto dei rifugiati. Secondo l’UNHCR il diritto dei
rifugiati va richiamato con funzione prevalente rispetto
alle norme di diritto internazionale del mare ed alle norme contro
l’immigrazione irregolare.
In base all’art. 33 della Convenzione di Ginevra, «Nessuno Stato contraente
espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di
territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo
della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua
appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche». Tale obbligo è stato ribadito nel
rapporto «Rescue at Sea: A Guide to Principles
and Practice as Applied to Migrants and Refugees», elaborato
nel 2006 dall’Imo e dall’Unhcr e sottoposto ad aggiornamento nel 2015. In tale
documento viene evidenziato l’obbligo che incombe al comandante della nave che
compie l’intervento di soccorso di tutelare adeguatamente i richiedenti asilo,
verificando la loro presenza a bordo, comunicandola all’Unchr ed effettuando lo
sbarco unicamente laddove sia possibile garantire loro adeguata protezione.
Sono gli stessi rappresentanti dell‘UNHCR che da
mesi avvertono come la Libia non garantisca un porto sicuro di sbarco.
Come ricorda l’Unhcr, In mare non è possibile una valutazione formale dello
status di rifugiato o di richiedente asilo (in virtù del Protocollo di Palermo
del 2000 contro la tratta di migranti; Reg. EU 2014/656 per le operazioni
Frontex; d.lgs 286/’98 – T.U. immigrazione e discendente DM 14 luglio 2003;
ecc.). Tutte le imbarcazioni coinvolte in operazioni SAR hanno come priorità il
soccorso e il trasporto in un “luogo sicuro” dei migranti raccolti in mare e le
azioni di soccorso prescindono dallo status giuridico delle persone.
A differenza di quanto sostiene il ministro Salvini, dunque, dopo una attività
di soccorso in acque internazionali, le persone, perché di queste si tratta, di
uomini, donne, bambini, non sono “clandestini” ma soltanto naufraghi da
sbarcare nel più breve tempo possibile in un porto sicuro. Gli stati sono
obbligati a prendere accordi perché sia garantito tale porto di sbarco, salvo
la sovranità statale che si esercita a terra (Approccio Hotspot) con la
distinzione tra richiedenti asilo e migranti irregolari, nel rispetto dei
divieti di respingimento in favore di minori, donne con prole ed altri soggetti
vulnerabili. In assenza di coordinamento Sar in acque internazionali gli
interventi di soccorso operati da navi private non possono essere
criminalizzati. Le persone soccorse in mare hanno soltanto lo status di
naufraghi e il loro sbarco a terra in un porto sicuro non può essere impedito o
ritardato al solo fine di contrastare l’immigrazione irregolare o allo scopo di
eventuali trattative tra diversi governi o autorità europee.
Adesso la
Direttiva ministeriale potrebbe essere usata come un maglio contro i migranti e gli operatori
umanitari a bordo della nave Mare Jonio di Mediterranea. Partita sulla quale si
giocherà ancora una volta la indipendenza della magistratura rispetto ai diktat
del governo italiano.
I Protocolli delle Nazioni Unite contro il traffico internazionale di
esseri umani e la tratta allegati alla Convenzione ONU del 2000 contro il
crimine transnazionale affermano la prevalenza della tutela delle persone
rispetto alla lotta contro i trafficanti. esattamente l’opposto di quello che
il governo italiano pratica dal giugno dello scorso anno e che adesso viene
scritto espressamente in un documento. Dopo centinaia
di morti che anche quest’anno si cerca di nascondere, in mare ed in terra.
Il Protocollo
addizionale alla Convenzione delle Nazioni unite, firmata a Palermo nel 2000,
contro la Criminalità organizzata transnazionale, per combattere il traffico
illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima, frequentemente
invocato per fornire una base legale agli accordi intercorsi con la Libia,
prevede la superiorità gerarchica delle norme di diritto internazionale
relative ai diritti dell’Uomo e della Convenzione di Ginevra. In base
all’articolo 19 § 1 del Protocollo, «Nessuna disposizione del presente
Protocollo pregiudica gli altri diritti, obblighi e responsabilità degli Stati
e degli individui derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto
internazionale umanitario e il diritto internazionale relativo ai diritti
dell’uomo e, in particolare, laddove applicabili, la Convenzione del 1951 e il
Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati e il
principio di non respingimento ivi enunciato.»
La Direttiva a firma del ministro Salvini appare chiaramente orientata a
dare copertura al voto in
Senato sulla richiesta di archiviazione da parte della Giunta sulle
autorizzazioni a procedere per il caso Diciotti. Una
vicenda che ha evidenziato come in Italia le attività del ministero
dell’interno in materia di coordinamento congiunto con il ministero delle infrastrutture,
dopo attività SAR, violino sistematicamente consolidati principi dello stato di
diritto e gli obblighi di
soccorso e salvataggio sanciti dalle Convenzioni internazionali, che,
a differenza di quanto si tenta di fare con la Direttiva del ministero
dell’interno, vanno interpretate alla luce del diritto umanitario e della
Convenzione di Ginevra. Non sono opinioni, è il diritto internazionale che nei
suoi principi inderogabili relativi alla vita, alla libertà ed all’integrità
fisica delle persone, ha una valenza diretta nel nostro paese in forza
dell’art. 117 della Costituzione. La logica della maggioranza elettorale non si
può affermare contro il diritto al soccorso ed il rispetto del principio di
legalità.