La Conferenza Internazionale di Vienna del 10 e 11 giugno è il primo appuntamento promosso da un ampio coordinamento di movimenti e reti pacifiste e nonviolente che ha lavorato intensamente dall’inizio dell’anno in tutta Europa e oltre Oceano per costruire contenuti, linguaggio, prese di posizione, programma ed obiettivi condivisi. Un esercizio fondamentale per convocare una conferenza per la pace in Ucraina mentre tutt’attorno non si vuole sentire nessuna voce invocare il cessate il fuoco, il negoziato e la soluzione politica di una guerra che miete vittime e distruzioni ogni minuto.
Europe for Peace è tra i promotori della conferenza, insieme all’International Peace Bureau, CODEPINK, World Assembly of Struggles and Resistances of the World Social Forum, Transform Europe, International Fellowship of Reconciliation (IFOR); Peace in Ukraine Coalition; Campaign for PeaceDisarmament and Common Security (CPDCS) ed alle organizzazioni austirache: AbFaNG (ActionAlliance for Peace, Active Neutrality and Nonviolence), Institute for Intercultural Research andCooperation (IIRC), WILPF Austria, ATTAC Austria e International Fellowship of Reconciliation – Austrianbranch.
Sono previsti otto gruppi di lavoro tematici per dare spazio al dialogo e al confronto tra esperienze e posizioni che riflettono sensibilità e approcci diversi ma che agiscono dentro il perimetro del rifiuto della guerra come soluzione ai conflitti tra Stati. Come pure ci saranno sessioni plenarie dove si ascolteranno le voci di intellettuali, politici, attivisti che hanno accettato di partecipare portando esperienze, proposte ed analisi utili a costruire una visione alternativa al pensiero unico della ineluttabilità della guerra. Tra gli ospiti che hanno già confermato la loro presenza o invieranno messaggi registrati, segnaliamo: l’ex colonnello e diplomatica Ann Wright, USA; la prof.ssa Anuradha Chenoy, India; il consigliere del Presidente del Messico padre Alejandro Solalinde, la euro-parlamentare Clare Daly, Irlanda; il vicepresidente della Bolivia, David Choquehuanca; il prof. Jeffrey Sachs, USA; l’ex diplomatico delle Nazioni Unite Michael von der Schulenburg, Germania; Maurizio Landini, Segretario Generale CGIL, nonché attivisti per la pace provenienti dall’Ucraina e dalla Russia.
Il tema centrale su cui verteranno i lavori di gruppo e le plenarie è come riuscire a fermare la guerra ed impegnare la comunità internazionale nel negoziato per arrivare alla pace giusta. E quale strategia ed impegno per la società civile occorre mettere in campo. Una sfida ed un percorso irto di ostacoli e di pregiudizi da smontare, come quello di associare la soluzione politica e negoziale con la resa all’aggressore o di non riconoscere i diritti dell’Ucraina, in quanto popolazione e nazione aggredita.
Fermare la guerra, invece, significa salvare le vite e porre fine alla mattanza ed alla distruzione delle città e dell’ambiente. E’ il primo passo per mettere attorno al tavolo le parti e la comunità internazionale che deve tornare ad essere garante del diritto internazionale. L’alternativa alla guerra è possibile se gli stati assumono l’impegno e l’obbligo derivato dallo stesso statuto delle Nazioni Unite di disinnescare tutte le cause che hanno portato al conflitto armato e ripristinare le condizioni della pace giusta, con pazienza, perseveranza, nel solco del dialogo e del diritto internazionale. Chi ha infranto le norme ed i trattati, chi ha compiuto crimini ne dovrà rispondere nelle sedi internazionali, non ci sono dubbi.
Questa è la strada che vogliamo costruire con la conferenza di Vienna, coinvolgendo le popolazioni che subiscono la guerra, la repressione e la mancanza di democrazia e di libertà, investire sul dialogo e sull’ascolto, costruire rispetto e fiducia, mobilitare la società civile per trovare insieme soluzioni alternative alla guerra che debbono diventare politica di pace.
Vienna non sarà una passeggiata, ne siamo consapevoli, ma è nostro dovere fare tutto il possibile per fermare la guerra, salvare vite e ridare il protagonismo necessario alla politica ed alla diplomazia e non più alle armi.