sabato 27 luglio 2019

“Fare cassa o svuotare cassa? Questo è il dilemma!”

IL PARADOSSO DELLE DISMISSIONI DI BENI PUBBLICI  

Fabio Pascapè 


Da una parte si dismette il patrimonio pubblico mentre dall’altra la Pubblica Amministrazione paga profumati fitti passivi per svolgere le proprie attività in immobili di proprietà privata



Dal Sole 24 Ore del 14 luglio apprendiamo che la Corte dei conti ha apposto il proprio timbro sul decreto che avvia la cessione di immobili di Stato per un valore di 1 miliardo e 250 milioni di euro. Invimit (Tesoro) avvierà il Fondo Dante in cui con fluiranno beni per 500 milioni mentre il Demanio parteciperà con oltre 400 immobili definiti di “elevato valore” e con altri 1.200 di “valore ordinario”. La Difesa metterà in vendita 41 caserme. Gli enti locali potranno rendere disponibili beni di loro proprietà e svolgere una funzione di facilitazione delle procedure di valorizzazione. A parte le forti perplessità sul fatto che operazioni del genere possano realmente sanare i conti dello stato. Il dubbio è sempre che con operazioni del genere si dismettano solo “pezzi pregiati” che, magari, con una oculata gestione pubblica o pubblico/privata potrebbero essere redditivi sia in termini finanziari che in termini sociali. Oppure che i tempi finiscano con l’essere biblici ed i costi di dismissione molto alti (che nessuno mai misura in termini di costo del personale impegnato, di impegno d’apparato, etc.). O ancora che alla fine l’introito non sia quello atteso e che magari si sia prestato il fianco a speculazioni di ben altra portata depauperando sempre di più il patrimonio pubblico e con esso le utilities collettive e comuni. Ammesso e non concesso, dunque, che le perplessità risultassero superabili resta da considerare il paradosso che nasce dal considerare come poi per svolgere la sua attività quotidiana la Pubblica Amministrazione spenda un bel po' di soldi dei contribuenti perché si serve di beni di proprietà privata. Basta fare due conti attingendo i dati dai siti pubblici dalla pagina della cd. “Amministrazione Trasparente”. Sono risultati particolarmente dettagliati e leggibili, ad esempio, i dati scaricati dal sito del MEF che ho rielaborato e vi propongo. Per gli Uffici Centrali il MEF sborsa per “locazione passiva” € 2.293.097,74 l’anno, a cui vanno aggiunti € 8.377.051,69 per le sedi di attività delle Commissioni Tributarie e € 14.872.910,29 per le sedi delle Ragionerie Territoriali a titolo di “locazione passiva” e “locazione fondi patrimoniali”. Il dato diventa ancora più interessante se si considera il rapporto tra beni utilizzati complessivamente e beni per i quali si corrispondono le somme in esame a titolo di “locazione passiva” e “locazione fondi patrimoniali”. Orbene su un totale di 271 cespiti utilizzati complessivamente per le attività di istituto ben 168 sono in regime di “locazione passiva” o di “locazione fondi patrimoniali” registrando una percentuale media (sulle tre tipologie) del 62%. Per avere un parametro che ci aiuti ad immaginare l'ordine delle grandezze finanziarie in gioco basti pensare che, secondo le risultanze del gruppo di lavoro Cottarelli del 2015, la spesa sostenuta dall'amministrazione dello stato (senza quindi considerare le Autonomie Locali) per pagare le locazioni passive è di circa 1 miliardo e 215 milioni di euro l'anno. In buona sostanza le cifre che si pensa di incamerare con il piano di dismissioni sono simili a quelle che si sborsano ogni anno per consentire il funzionamento degli uffici che operano in cespiti di proprietà privata con l'aggravante della depauperazione progressiva del patrimonio pubblico e della conseguente progressiva diminuzione della sua potenziale redditività sia in termini sociali che in termini finanziari. Una domanda sorge spontanea. Si dismette per fare la cassa che poi si continua a svuotare con i fitti passivi? Continua la ricerca disperata di un senso …

Comitato Popolare di Difesa dei Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà”
www.generazionifuture.org

immagine: Casa del Popolo di Palermo