-Roberto Ciccarelli-
«IL LAVORO NON C’È O È POVERO»
A Philippe Van Parijs, uno dei principali teorici del reddito di base al mondo, chiediamo se è questa la soluzione adatta ai tempi che ci aspettano. «Una società che si aspetta che le persone trovino ciò che è impossibile da trovare e li biasima per non averlo trovato può solo generare demoralizzazione, risentimento e rivolta – risponde l’autore di Reddito di base. Una proposta radicale (Il Mulino) con Yannick Vanderborght – Per la maggior parte delle persone è possibile trovare un’attività che a loro non dispiacerebbe fare e che paga qualcosa. Ma per molte persone in questi tempi, in certe aree e con certe competenze, è inimmaginabile trovare un’attività che paghi, in termini netti, almeno quanto il reddito di cittadinanza (in media poco più di 500 euro) o simili schemi minimi di sperimentati in altri paesi. Un reddito di base universale farebbe la differenza perché può essere combinato con qualsiasi reddito proveniente da un’altra fonte, anche se inizialmente solo molto part-time o su base occasionale, senza alcuna complicazione burocratica. In questo modo si facilita l’uscita dalla trappola intrinseca dei regimi di reddito minimo».
Cosa risponde a chi sostiene che il reddito di base è un deterrente per il lavoro e premia i lazzaroni e gli opportunisti?
Si può capire che i beneficiari di una prestazione soggetta a imposta sul reddito, che non possono sperare di trovare un lavoro remunerativo almeno quanto la loro prestazione soggetta a imposta sul reddito, cercano di riconciliarsi con la loro situazione, allontanando le loro aspirazioni da un’occupazione retribuita dichiarata. Rispetto ai regimi a reddito minimo, come il reddito della cittadinanza, un reddito di base incondizionato aumenta l’incentivo materiale a lavorare. Allo stesso tempo, per evitare che datori di lavoro senza scrupoli utilizzino il reddito di base come sussidio per lavori schifosi, elimina l’obbligo di accettare un’occupazione come condizione per avere diritto a un sussidio. L’esperimento finlandese sul reddito di base ha dimostrato che, quando si passa da un regime condizionato a un reddito di base, l’effetto netto sull’occupazione – incentivi più forti, nessun obbligo – potrebbe essere positivo.
Il «reddito di cittadinanza» può evolvere verso un reddito di base in Italia?
Sì. Gli schemi di reddito minimo condizionato sono un risultato importante nella lotta contro la povertà estrema. Una volta in vigore, aprono la strada ad ulteriori progressi verso un reddito di base incondizionato per due motivi. In primo luogo, rendono più consapevoli i cittadini dei difetti intrinseci a questi schemi, come la trappola della disoccupazione, la stigmatizzazione e lo scarso tasso di adozione da parte del gruppo target. In secondo luogo perché, in linea di principio, garantiscono che ogni residente abbia almeno un reddito, rendono più facile la transizione verso un reddito di base incondizionato, sia dal punto di vista amministrativo che finanziario. Un reddito di base è semplicemente un modo più efficiente ed equo per garantire questo reddito minimo a tutti.
Da venti giorni è stata lanciata l’Iniziativa dei cittadini europei sul reddito di base incondizionato. Il suo obiettivo è quello di raccogliere un milione di firme nell’Unione Europea nel prossimo anno. In cosa consiste?
Una volta che queste firme saranno state convalidate dagli Stati membri, ciascuno deve raggiungere una quota, la Commissione ha sei mesi di tempo per formulare una risposta ufficiale e indicare le eventuali azioni che intende intraprendere. Durante questo periodo, i promotori dell’iniziativa hanno diritto a un incontro con la Commissione e a un’audizione in un Parlamento europeo. Questa iniziativa non chiede un reddito di base a livello europeo, ma «l’introduzione di redditi di base incondizionati». Se i promotori avessero chiesto un reddito di base a livello europeo, la loro iniziativa sarebbe stata probabilmente dichiarata inammissibile perché l’Ue non ha attualmente alcuna competenza diretta in materia di politica sociale.
***Un milione di firme online in 28 paesi: dove firmare
Entro il 24 settembre 2021 l’iniziativa europea dei cittadini (Ice) che chiede alla Commissione Ue di istituire redditi di base incondizionati nei paesi dell’Unione Europea dovrà raccogliere un milione di firme in tutto il continente. A quel punto il parlamento europeo e la Commissione Ue dovranno discutere dell’opportunità di introdurre, attraverso atti formali, questa misura. In Italia si può firmare su questi siti: www.bin-italia.org e eci-ubi.eu. In venti giorni sono state raccolte l’8% delle firme necessarie, come in Germania. Ne occorrono almeno 53 mila, ma l’obiettivo è 107 mila. . Stanno andando forte la Slovenia con il 57%, Grecia al 22%, Ungheria 19%, Spagna al 16%. Qui bisogna raggiungere 83 mila firme
***Philippe Van Parijs: «Il reddito di base: una vera libertà sociale per tutti»
Philippe Van Parijs insegna all’università di Lovanio ed è membro fondatore del «Basic Income Earth Network» (Bien), la rete mondiale che promuove il reddito di base dal 1986. Lo snodo italiano della rete è il Basic Income Network (Bin Italia). Tra i suoi libri c’è «Reddito di Base. Una proposta radicale» (Il Mulino, con Yannick Vanderborght). Già nel 1995 nel libro «Real Freedom for All» ha sostenuto la fattibilità e la giustizia del reddito di base come uno dei fondamenti della libertà sociale.
estratto da Il Manifesto edizione del
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